Come direttore d’orchestra Pierre Boulez difendeva tutto Schönberg con la stessa lucidità, la stessa energia e lo stesso fervore. Quello del periodo atonale e dell’“astrazione lirica” era il suo preferito. Poi c’erano il periodo postromantico ancora tonale e i lavori dodecafonici che volevano conciliare con la forza un nuovo linguaggio e forme antiche, che lo convincevano molto meno. Nella Serenata e nella suite op. 29 Boulez riesce a far sentire punti sorprendentemente in comune tra Schönberg e Stravinskij, tra il neoclassicismo seriale del maestro e il neoclassicismo tonale del suo più giovane collega. Fondando il suo approccio sulla precisione, la chiarezza ritmica, il respiro della polifonia e il rilievo dei timbri, il direttore fa sua la bella analisi di Charles Rosen: “La voce di Schönberg è fatta d’intensità espressiva segnata da una preferenza per le frasi asimmetriche e un flusso contrappuntistico pieno di complessità”. Questa splendida antologia non segue un ordine cronologico, e permette a ogni ascoltatore di seguire il suo itinerario. E arrivare alla scoperta del percorso sensoriale e spirituale di uno dei colossi creativi del novecento.
Patrick Szersnovicz, Diapason

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati