Per tutta la sua lunga carriera il pianista ceco Rudolf Firkušný (1912-1994) è stato dedito a musica che suggerisce più delle confidenze intime che grandi sale da concerto. Le registrazioni dell’opera di Leoš Janáček, per piano solo o con un piccolo ensemble, affascinano sempre per la loro fusione di schiettezza e mezze tinte. Sono il cardine di questo cofanetto dedicato a registrazioni fatte per Deutsche Grammophon, Decca e Westminster tra il 1960 e il 1975, complemento ideale della raccolta che la Sony aveva dedicato ai dischi Columbia degli anni cinquanta e Rca degli anni ottanta. Offre un perfetto riassunto del repertorio e delle qualità dell’interprete, soprattutto la grande eleganza e la chiarezza assoluta del discorso musicale. Il Ravel del 1960 è una rivelazione. L’ultima sonata di Schubert parla con il cuore, anche se forse un po’ troppo fiducioso per gli abissi dell’andante. Un Beethoven con tanta classe quanto nerbo (un Imperatore del 1973 e tre sonate) ci ricorda che Firkušný aveva studiato con Artur Schnabel. Le sonate per violoncello di Brahms con Pierre Fournier sono un modello di signorilità e quelle per violino di Beethoven con Erica Morini, con il suo archetto così viennese, sono una lezione di stile (ci offrono anche due sonate di Mozart di una grazia infinita). Questo cofanetto è un ritratto avvincente.
Laurent Muraro, Diapason

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati