Paolo Sorrentino, regista brillante e unico, sfiora pericolosamente l’autoparodia con questo nuovo film che sembra voler proclamare la sua bellezza in ogni istante per poi scivolare in una specie di torpore elegiaco un po’ gratuito. E se i movimenti di macchina sono meno iperattivi e spigolosi che nei suoi film precedenti, questo non è necessariamente il segno di una nuova maturità. In una Napoli perennemente soleggiata seguiamo le vicende della giovane Parthenope, una bella ragazza borghese con un trauma familiare sulle spalle, avviata alla carriera accademica. Il film sottolinea di continuo presunte ricchezze e profondità, anche se non è chiaro se in questo artificio ci sia almeno un po’ di una delle due. E il tono assurdo e trasognato impedisce di fatto di empatizzare con la protagonista. La maestria di Sorrentino con la macchina da presa sarà sempre intrigante e in qualche modo esaltante. Ma Parthenope fluttua compiaciuta per un paio d’ore sullo schermo come se si trovasse in una pubblicità di un profumo molto costoso.
Peter Bradshaw,The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati