L’espressione Blitz spirit è molto usata, spesso sbandierata, nel Regno Unito. È diventata un modo pratico, a volte ironico, per indicare la tenacia dei britannici di fronte a ogni cosa, gli attacchi terroristici o un’improvvisa scarsità di patate fritte. Sono ottant’anni che mostriamo con orgoglio spille con la scritta “Keep calm and carry on”. Siamo sicuri che abbia senso? Blitz di Steve McQueen mette in discussione leggende intoccabili che risalgono all’inizio della seconda guerra mondiale, perché suggerisce che le bombe del Reich piovevano su una Londra (e su altre città britanniche) che non era un bastione unito e antinazista. Mostra invece un luogo pieno di divisioni sociali e razziali, dove il pregiudizio è un altro tipo di scheggia che i londinesi neri devono schivare. George, 9 anni, è figlio di Rita (Ronan), operaia in una fabbrica di munizioni, e di un nero, espulso anni prima dal Regno Unito, che lui non ha mai conosciuto. Rita decide di mandare il figlio in campagna, ma George non sopporta di stare lontano dalla madre, così salta giù dal treno dov’è stato caricato e cerca la sua strada verso casa. Più che mettere in discussione il coraggio o la resistenza dei londinesi durante quel periodo brutale, Steve McQueen sonda il nostro rapporto con quel periodo storico e lo trova irrimediabilmente romanticizzato.
Phil de Semlyen, TimeOut
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Questo articolo è uscito sul numero 1591 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati