La stanza accanto parla di malattia terminale e della dolorosa decisione di lasciare questa vita con dignità. Ma anche di amicizia, memoria e rimpianti. È interpretato da due delle migliori attrici in attività. Dovrebbe essere un film strappalacrime, che ti spezza il cuore. Eppure sembra emotivamente vuoto. Non è un modo spiacevole di trascorrere un paio d’ore, ma non lo è neanche sfogliare un numero di Elle Decoration, considerato il fatto che la ricompensa è abbastanza simile. Vale la pena di vedere il film per apprezzare le architetture moderniste, gli arredamenti eleganti, l’invidiabile guardaroba da eutanasia di Tilda Swinton. Ma non aspettatevi grandi emozioni, a meno che non abbiate una passione malsana per la maglieria pesante molto colorata. Swinton interpreta Martha, ex corrispondente di guerra che convive con un cancro. La scrittrice Ingrid (Moore), sua amica di vecchia data, viene a sapere per caso della malattia e riallaccia i rapporti. Il legame tra loro è più forte che mai o, almeno, così ci viene detto. Magari è il disagio di Almodóvar di dirigere un film in inglese, ma le interpretazioni delle protagoniste risultano fin troppo manierate, i dialoghi declamati: un’artificiosità che tiene lontano dalla storia.
Wendy Ide, The Observer

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati