Registrato nel giugno 2022, questo disco di Schubert documenta l’ultima visita di Maurizio Pollini allo studio di registrazione. Il pianista affronta il primo movimento della sonata in sol maggiore con impazienza: a volte il suo fraseggio è affrettato e gli capita di mangiarsi i finali di alcune battute. È così in tutti e quattro i movimenti. Certo, non ha problemi a suonare le note, ma la sua esecuzione è priva di fascino e suggerisce poco del lirismo sfrenato della musica. Al contrario, suo figlio Daniele ha un controllo ritmico impeccabile nei Moments musicaux, anche se non ha il tocco perlato di Radu Lupu, Maria João Pires o Clifford Curzon. Padre e figlio uniscono le forze nella fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani. All’inizio l’ho ascoltata senza sapere chi suonava il primo e chi il secondo. Nel Largo ho notato i ritmi puntati incisivi del primo e i suoi trilli accuratissimi, e un secondo meno assertivo. Era Daniele che si prendeva cura degli acuti, con Pollini padre al basso. L’Allegro vivace vede i due pianisti in perfetto equilibrio, ma nel Finale sono troppo rumorosi e lasciano straripare i climax prima che il tema principale ritorni nella coda. Nel complesso, è un ricordo agrodolce di un grande pianista.
Jed Distler, ClassicsToday

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati