“Paradossale, rivolta al passato, ma anche connessa e contemporanea”. Così Khalil Epi parla della sua città, Tunisi. È sorprendente pensare che queste parole possano essere applicate anche alla sua musica, un progetto nato da un melting pot mediterraneo fatto di basi jazz e rock, ricordi di una scuola di cinema, passione per i suoni analogici e i ritmi europei. Khalil è figlio di Mounir Hentati, ex curatore della Phonothèque nationale de Tunisie, un dipartimento del centro studi sulle musiche arabe e mediterranee: il giovane è stato profondamente influenzato dall’anima della musica tradizionale e popolare nordafricana e araba fin dall’infanzia.
Alla fine del 2023 Khalil Epi ha realizzato il film Aïchoucha, un documentario itinerante basato sulla musica tradizionale tunisina, amplificata da solidi arrangiamenti elettronici. Il risultato è una cartografia vivente delle grandi tradizioni musicali del suo paese. “A dieci anni mi regalarono un piccolo registratore a cassette”, ricorda il musicista. “Armato del mio piccolo microfono, cominciai a registrare le storie che mi raccontava mia nonna Aïcha. La musica tradizionale secondo me può trovare una forma di salvezza grazie all’elettronica. I princìpi del campionamento permettono di preservare e dare nuova vita a pratiche antiche che sono in pericolo. La musica elettronica dà ai creativi libero sfogo alla decostruzione e alla ricostruzione, alla nascita e alla rinascita.
Pan african music
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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati