Alla fine degli anni quaranta l’Unione Sovietica invitò gli armeni sparsi per il mondo a tornare nell’Armenia comunista. Goorjian immagina il ritorno in patria di un americano ingenuo e imbranato, Charlie (interpretato dallo stesso regista), rapito da bambino durante il genocidio e cresciuto negli Stati Uniti. Poco dopo il suo arrivo è sospettato di essere un impostore e sbattuto in prigione. Deriso e picchiato dalle guardie, Charlie riesce a non perdere le speranze e trova un modo di interagire con il mondo esterno. Nonostante la trama drammatica e qualche difetto, il film mantiene un tono leggero che puntella i desideri del protagonista.
Nicolas Rapold, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1597 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati