The sweet east è una satira multiforme delle sottoculture nell’America contemporanea. Trattando i tabù con forse eccessiva leggerezza, il film segue le peripezie di Lilian (Ryder) lungo la costa nord-orientale degli Stati Uniti. Nel suo viaggio picaresco, Lilian incontra persone e gruppi che Sean Price Williams e lo sceneggiatore Nick Pinkerton considerano evidentemente ridicoli, come anarchici scoppiati a Washington, una confraternita musulmana nel Vermont, due registi introspettivi di New York. La sceneggiatura si appiattisce un po’ quando prende di mira anarchici e jihadisti, mentre dà il meglio di sé quando inquadra un intellettuale neonazista, forse troppo facile da colpire, che vorrebbe fare di Lilian la sua sposa bambina. Ma le provocazioni del film vanno oltre quanto dica la collezione di sacchi da boxe politici che allinea.
Beatrice Loayza, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati