Ultimo capitolo di una trilogia dedicata alla guerra. Un orfano si aggira tra le macerie del Giappone del dopoguerra e s’imbatte in una vedova costretta a prostituirsi, in un soldato traumatizzato e in un commerciante del mercato nero. Ombra di fuoco evoca il capolavoro di Ėlem Klimov, Va’ e vedi, per come affronta la disumanizzazione e il modo in cui la guerra disintegra l’innocenza. Tsukamoto ha scelto un approccio minimalista e il realismo cede volentieri a immagini più astratte e oniriche. Nell’ultima sequenza sembra quasi annunciare il passaggio delle leggi di guerra sul terreno di un’economia dominata da un capitalismo selvaggio.
Ariel Schweitzer, Cahiers du Cinéma
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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati