Mandando in frantumi il cessate il fuoco in corso da due mesi, che aveva permesso una fragile tregua e concesso un po’ di sollievo a Gaza, Israele ha distrutto le ultime speranze di una risoluzione in tempi brevi del conflitto. Il 18 marzo è stato uno dei giorni con più vittime dall’inizio della guerra. Israele ha dichiarato di aver preso di mira “obiettivi terroristici”, ma le autorità sanitarie di Gaza hanno reso noto che tra i più di quattrocento morti ci sono 174 bambini e 89 donne. Gli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano suggeriscono che per i palestinesi è in arrivo una nuova invasione di terra. Benjamin Netanyahu ha avvertito che “è solo l’inizio”. Le famiglie degli ostaggi israeliani accusano il governo di averle abbandonate.

Dall’inizio della guerra sono stati uccisi decine di migliaia di palestinesi, una cifra cresciuta anche durante il cessate il fuoco, soprattutto a causa del blocco degli aiuti imposto da Israele. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sostiene che gli attacchi contro i reparti maternità e altre strutture sanitarie per le donne rappresentano “atti di genocidio” e che le forze israeliane hanno usato la violenza sessuale come arma di guerra per “dominare e distruggere il popolo palestinese”.

Questo conflitto eterno permette a Netanyahu di restare al potere. Il 18 marzo il primo ministro israeliano avrebbe dovuto testimoniare in un processo che lo vede imputato per corruzione, ma ha cancellato l’appuntamento approfittando della nuova offensiva. Netanyahu ha bisogno di sostegno politico per approvare il bilancio entro la fine del mese, altrimenti il suo governo cadrà. La ripresa degli attacchi aerei gli ha permesso di ritrovare l’appoggio di uno dei suoi partner di coalizione di estrema destra, Itamar Ben Gvir.

Oggi Israele può contare su un presidente degli Stati Uniti felice di dare il via libera all’offensiva contro Gaza. Donald Trump ha promosso l’espulsione dei palestinesi dalle loro terre, un altro crimine di guerra. Gli Stati Uniti e Israele hanno contattato le autorità di Sudan, Somalia e Somaliland ipotizzando di trasferire sul loro territorio i palestinesi espulsi. Questi progetti sono intollerabili: il piano di pace arabo ha dimostrato che ci sono alternative migliori. Per la destra israeliana, che non tollera l’aspirazione dei palestinesi ad avere uno stato, la distruzione della speranza è un obiettivo della guerra. Bisogna impedire in ogni modo che sia raggiunto. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati