Il 26 febbraio, appena due giorni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, l’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti ha pubblicato un commento intitolato L’avvento della Russia e del nuovo mondo. Senza alcuna traccia d’ironia, l’autore elogiava il presidente russo Vladimir Putin per la sua tempestiva “soluzione del problema ucraino”. Poche ore dopo l’articolo è stato rimosso e ora è disponibile solo negli archivi del web. Il motivo non è chiaro: forse perché il lessico usato era simile, in modo inquietante, a quello usato per invocare stermini di massa, o forse perché l’articolo descriveva il piano per lo smantellamento dello stato ucraino come conseguenza di una conquista militare già compiuta, quando in realtà le truppe russe stavano registrando pesanti perdite.

In ogni caso l’articolo non è un’eccezione né il prodotto di una svista editoriale. L’odio di Putin per l’esistenza stessa dell’Ucraina come stato sovrano è ben noto. Nel 2008 il presidente russo si lamentò con l’allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush del fatto che l’Ucraina non era “nemmeno un paese reale”. Questa convinzione è riemersa in una serie di studi pubblicati in seguito e nell’assurdo discorso pronunciato da Putin in tv tre giorni prima dell’invasione. A partire dal 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea e ha invaso le regioni orientali dell’Ucraina, la propaganda televisiva ha seguito le tesi di Putin, mantenendo un atteggiamento estremamente sprezzante nei confronti dell’Ucraina e del suo governo, ma non verso la popolazione. Questa distinzione ormai è svanita. Da quando è apparso evidente il fallimento del presunto piano del Cremlino per conquistare Kiev, far cadere il governo ucraino e installare un regime fantoccio, e da quando Putin ha capito che la popolazione ucraina non vuole essere “liberata”, il linguaggio della propaganda è diventato sempre più brutale.

I nazisti immaginari

Alla vigilia dell’invasione e nelle prime settimane di guerra Putin e i mezzi d’informazione controllati dal Cremlino ribadivano che l’obiettivo della cosiddetta operazione speciale era la liberazione degli ucraini dal dominio degli “usurpatori nazisti”, sostenendo che la guerra non era contro la popolazione, perché in realtà la Russia stava combattendo la Nato e l’occidente, colpevoli di aver attaccato Mosca appoggiando la “giunta golpista e nazionalista” di Kiev.

Ma in Russia l’idea che il paese stia di nuovo combattendo i nazisti è un’arma retorica di distruzione di massa. Buona parte della legittimità della Russia di Putin si basa sulla rivendicazione della vittoria dell’Unione Sovietica sul nazismo, archetipo del male. Il regime russo ha trasformato l’annuale commemorazione della resa della Germania nazista, nel 1945, in una festa quasi religiosa. Oggi paragonare Josip Stalin ad Adolf Hitler è un reato punito con il carcere. Per questo definire nazisti i leader ucraini, un’accusa ripetuta all’infinito dai mezzi d’informazione russi, è stato particolarmente efficace e ha trasformato questa guerra in una causa da sostenere per molti russi. Il fatto che in Ucraina sia attiva un’unità della guardia nazionale che sfoggia rune stilizzate come stemma e si ricollega al movimento indipendentista ucraino degli anni quaranta, che aveva capi antisemiti e antirussi, è sicuramente un argomento funzionale alla narrazione di Mosca (anche molti soldati e mercenari russi usano simboli nazisti, a cominciare da Dmitrij Utkin, fondatore del famigerato gruppo di mercenari Wagner).

Il Cremlino non si è mai preoccupato delle inclinazioni fasciste dei suoi alleati

Ovviamente la pretesa russa secondo cui l’esercito di Mosca starebbe “denazificando” l’Ucraina è assurda. Gli ebrei ucraini (tra cui il presidente Volodymyr Zelenskyj) sono schierati dalla parte di Kiev, mentre il partito ucraino di estrema destra Svoboda alle elezioni del 2019 ha ottenuto appena il 2,1 per cento dei voti. Il Cremlino, tra l’altro, non si è mai preoccupato delle inclinazioni fasciste dei suoi alleati, in patria e all’estero, come dimostra il sostegno dato a una serie di partiti e movimenti di estrema destra e ultranazionalisti in Europa e altrove. Il punto è che la propaganda di stato russa ha privato la parola “nazista” di qualsiasi significato.

Quando gli ucraini hanno respinto con vigore l’invasione compattandosi dietro i loro leader (teoricamente malvagi nazisti) senza mostrare il minimo desiderio di essere “liberati” dalla Russia, il Cremlino ha cambiato marcia e ha scelto una retorica da genocidio.

Il 26 marzo, mentre sul terreno i soldati russi venivano respinti da Kiev ma controllavano ancora Buča e altri piccoli centri vicini alla capitale, la direttrice del canale tv russo RT, Margarita Simonjan, ha dichiarato a un’altra tv vicina al Cremlino di essere “inorridita” dal fatto che “buona parte della popolazione ucraina è in preda alla foga nazista”. Quest’intervento ha segnato un chiaro allontanamento dall’immagine iniziale di un’Ucraina prigioniera di uno piccolo manipolo di nazisti. Dmitrij Medvedev, un tempo presidente liberale della Russia e oggi vicepresidente del consiglio di sicurezza, attacca costantemente l’Ucraina sul suo canale Telegram, parlando di “un paese completamente fasullo”, “una copia del terzo reich” che non merita di esistere.

I mezzi d’informazione controllati dal Cremlino, gli unici che possono ancora lavorare in Russia, trasmettono questi messaggi a milioni di persone. Durante il programma di punta del canale di stato Rossija 1 il presentatore Vladimir Solovëv ha dichiarato che “Zelenskyj sarà l’ultimo presidente dell’Ucraina perché dopo di lui l’Ucraina non esisterà più”. Il pubblico ha applaudito.

Per generazioni

Un altro commento pubblicato il 3 aprile da Ria Novosti, e firmato da Timofej Sergejtsev, descrive lo sterminio pianificato di un’intera nazione in modo preciso e distaccato. Non solo Sergejtsev descrive l’“ucro-nazismo” come una minaccia mondiale più pericolosa di quella rappresentata a suo tempo da Hitler, ma sostiene anche che buona parte del popolo ucraino è complice ed è quindi un potenziale bersaglio di ritorsione. “Una percentuale significativa della popolazione, composta da ‘nazisti passivi’ è complice del nazismo”, scrive Sergejtsev, sottolineando che l’élite ucraina dovrebbe “essere liquidata perché non può essere rieducata, mentre la palude sociale che ha sostenuto questi individui dev’essere sottomessa al terrore della guerra e deve pagare per i crimini commessi”. Dopo il conflitto, aggiunge Sergejtsev, l’Ucraina dovrà essere divisa in piccoli stati controllati dalla Russia, la cultura e la popolazione dovranno subire un processo di russificazione e il nome “Ucraina” dovrà sparire dalle mappe. In sostanza la presunta “denazificazione” è il totale annientamento dell’avversario.

Oggi non possiamo sapere se i soldati russi che hanno compiuto omicidi e stupri di massa nei villaggi e nelle città ucraine abbiano letto le parole di Medvedev e di altri politici e giornalisti vicini al Cremlino. In ogni caso, dichiarando che una “buona parte della popolazione” è composta da nazisti e dunque dai peggiori nemici della Russia, con la loro retorica i propagandisti russi incitano a compiere gesti di violenza estrema, sollevando poi i responsabili da qualsiasi senso di colpa.

A giudicare dai racconti dei sopravvissuti possiamo concludere che i soldati russi siano stati bersagliati da questa propaganda. Gli ucraini scampati ai massacri raccontano che i russi davano la caccia a inesistenti “nazisti” tra la popolazione locale in preda al terrore, sostenendo di essere liberatori. Incitati dal linguaggio dell’annientamento e dello sterminio, i soldati russi, la guardia nazionale e i mercenari sono diventati i volenterosi aguzzini della popolazione ucraina.

La retorica bellica del Cremlino, sempre più violenta, è spaventosamente attraente. Molti resoconti parlano di famiglie russo-ucraine divise, in cui i russi si rifiutano di credere ai loro fratelli o figli che vivono dall’altra parte del confine. In video girati dagli ucraini si vedono i prigionieri russi mentre chiamano casa: le madri, invece di consolarli, si lasciano andare a grotteschi monologhi a proposito di armi chimiche e laboratori che progetterebbero virus mortali per sterminare il popolo russo. Negando che il suo esercito abbia commesso crimini di guerra, oggi la Russia ripete gli argomenti usati in passato da regimi colpevoli di genocidio. Durante la seconda guerra mondiale i nazisti smentivano le notizie sulle uccisioni di ebrei e prigionieri sovietici parlando di “propaganda”.

La propaganda dell’annientamento del Cremlino sta autorizzando gli ufficiali e i soldati russi a uccidere liberamente i civili ucraini. Gli effetti di tutto questo sui russi si faranno sentire per molto tempo anche dopo la fine di questa guerra. ◆ as

Aleksej Kovalëv è un giornalista russo. Dirige la sezione delle inchieste del sito d’informazione indipendente Meduza.

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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati