Il 4 settembre, con l’affluenza alle urne più alta di ogni altra elezione democratica dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet e con un numero di voti superiore a quello ricevuto da qualsiasi candidato alla presidenza in più di trent’anni, i cileni hanno respinto la nuova costituzione. La proposta, presentata il 4 luglio dall’assemblea costituente dopo un anno di lavoro, avrebbe dovuto sostituire la costituzione in vigore, che risale al 1980.

Il no ha vinto con il 62 per cento dei voti. “Il popolo cileno ha parlato forte e chiaro”, ha detto il presidente Gabriel Boric in un discorso trasmesso alla tv nazionale. Boric, che si era schierato a favore del progetto, ha annunciato che da subito lavorerà insieme “alla società civile e al parlamento” per cercare un “itinerario costituente” e accelerare il nuovo processo.

Hanno votato tredici milioni di elettori su quindici (il voto era obbligatorio). Un milione e mezzo di persone non ha potuto votare perché non aveva comunicato il cambiamento di residenza. La maggioranza si è espressa affinché il paese resti una repubblica e non diventi uno stato plurinazionale. I voti a favore del testo respinto, che dichiarava il Cile uno stato sociale di diritto ed era stato definito uno dei più avanzati del mondo per l’uguaglianza di genere e la protezione della natura, sono stati solo il 38 per cento. Il no ha vinto in tutte le regioni, anche in quella metropolitana, dove si trova la capitale Santiago, e nella regione costiera di Valparaíso, due roccaforti del governo di sinistra di Boric. Nelle regioni del centro e del sud come Ñuble, Araucanía e Maule il rechazo (rifiuto) ha vinto con più del 70 per cento delle preferenze.

“Oggi non ci sono né vincitori né vinti. Ci sono solo cileni che devono ritrovarsi”, ha detto il leader della campagna per il no, Claudio Salinas. “Vogliamo fare un appello alla calma, dobbiamo essere orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto. La costituzione del 1980 non ci unisce e non ci rappresenta”, ha sottolineato la deputata comunista Karol Cariola, portavoce della campagna per il sì.

Posizione di scontro

Un risultato così schiacciante ricorda il referendum dell’ottobre del 2020, convocato per trovare una via d’uscita istituzionale alle proteste sociali del 2019. In quell’occasione il 78,2 per cento degli elettori si era espresso a favore del processo costituente e per scrivere una nuova costituzione. Ma i votanti erano stati poco più di sette milioni. Due anni dopo, i cileni non sono soddisfatti del testo che è stato scritto dall’assemblea eletta democraticamente, con parità di genere e seggi riservati alle popolazioni native. Gli articoli che hanno sollevato più preoccupazione riguardano la natura plurinazionale dello stato, il diritto all’aborto, la rielezione alla presidenza, la riforma del sistema giudiziario e l’eliminazione del senato.

Le due coalizioni al governo, Apruebo dignidad e Socialismo demócratico, si erano impegnate a modificare la costituzione e a moderare alcuni aspetti se fosse stata approvata. Ma non è bastato a convincere gli elettori a votare sì. La notte del 4 settembre centinaia di persone sono scese in strada nei quartieri più ricchi di Santiago per festeggiare, con le bandiere cilene e cantando l’inno nazionale.

“È un testo che non unisce il paese, ma ci mette in una posizione di scontro”, ha detto la senatrice democristiana Ximena Rincón, che ha preso le distanze dal suo partito e ha fatto campagna per il rechazo.

È la più grande vittoria della destra nella storia del Cile dal 1988. Resta da vedere se sarà anche la peggiore sconfitta per la sinistra. ◆ fr

Da sapere
Cambio di ministri

◆ Il 6 settembre 2022 il presidente cileno Gabriel Boric ha annunciato un rimpasto di governo che cambia gli equilibri politici all’interno del suo esecutivo. Le nomine più importanti sono quelle di Carolina Tohá al ministero dell’interno e di Ana Lya Uriarte alla segreteria generale della presidenza. Entrambe sono vicine al centrosinistra tradizionale e si sono formate durante la transizione dalla dittatura alla democrazia. La Tercera

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati