Appena un giorno dopo aver saputo che sua sorella Giulia era morta, Elena Cecchettin è stata intervistata in tv fuori dalla casa di famiglia a Vigonovo, un paese vicino a Venezia. Alle sue spalle migliaia di persone stavano partecipando a una fiaccolata. Elena non cercava compassione. “Non fate un minuto di silenzio per Giulia, bruciate tutto. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale e fate in modo che Giulia sia l’ultima”, ha detto.
Il 18 novembre 2023 Giulia Cecchettin, 22 anni, è diventata la 105ª vittima di femminicidio in Italia quell’anno. Il suo corpo, con più di settanta ferite da arma da taglio, è stato trovato avvolto in alcuni sacchi di plastica neri in un fosso vicino a un lago a nord di Venezia. Filippo Turetta, il suo ex fidanzato, ha confessato di aver ucciso la studente di ingegneria biomedica, che doveva laurearsi pochi giorni dopo.
Il 25 novembre 2024 i pubblici ministeri della corte d’assise di Venezia hanno chiesto l’ergastolo per Turetta, imputato per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. La sentenza è prevista per il 3 dicembre.
Cecchettin sarebbe potuta rimanere un volto dietro a un numero e il suo caso, come quello della maggior parte degli altri femminicidi in Italia, avrebbe ottenuto solo qualche riga sui giornali, se l’eloquente appello di Elena, che includeva la condanna di “una società patriarcale intrisa di cultura dello stupro”, non avesse scosso la coscienza nazionale.
Incapacità del governo
“Non so da dove sia venuto il coraggio”, ha dichiarato Elena Cecchettin. “So solo che ho pensato a Giulia e che dovevo sfruttare il momento di visibilità per dire come stanno le cose. Ci sono troppe persone, legittimate da una serie di caratteristiche della società, che sentono di poter avere il potere sulla vita delle altre”. A distanza di un anno questa sensazione è ancora viva. Dopo Giulia altre 106 donne sono state uccise da un uomo in Italia. Nella maggioranza dei casi il sospettato è il compagno attuale o il precedente. Recentemente una ragazza di 13 anni è morta dopo essere caduta da un balcone, presumibilmente spinta da un ragazzo di 15 anni, poi arrestato.
Il 23 novembre a Roma più di 150mila persone hanno manifestato in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. “Disarmiamo il patriarcato”, c’era scritto su uno striscione. La loro rabbia è amplificata dall’incapacità del governo di estrema destra di capire in pieno la questione, un fallimento reso evidente il 18 novembre dal ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, che ha affermato che il patriarcato non esiste più. Lo ha detto durante la presentazione in parlamento della fondazione Giulia Cecchettin, istituita da Gino Cecchettin, il padre della ragazza. Valditara ha collegato l’aumento delle violenze sessuali sulle donne all’immigrazione irregolare. La presidente del consiglio Giorgia Meloni si è detta d’accordo con lui.
Elena, 25 anni, ha criticato i commenti del ministro, dicendo: “Giulia è stata uccisa da un uomo italiano bianco e rispettabile. Cosa sta facendo il governo per prevenire questo tipo di violenza?”. Elena, che frequenta un master in microbiologia all’Università di Vienna, usa le interviste e i social media per cercare di cambiare la narrazione sui i femminicidi.
La mattina successiva alla scomparsa di Giulia si è svegliata presto per finire un compito che doveva consegnare. Erano le 8 quando il fratello Davide l’ha chiamata per chiederle se avesse notizie della sorella, che la sera prima era andata in un centro commerciale con Turetta per comprare il vestito per la laurea. “Sapendo che Giulia era con lui ho detto a mio fratello di chiamare la polizia”, racconta Elena. “Ero terrorizzata da Turetta e avevo la sensazione che non l’avrei più rivista”.
Una telecamera di sorveglianza ha ripreso Turetta mentre colpiva Giulia, che aveva tentato di fuggire prima di essere costretta a rientrare in auto. Turetta è stato arrestato in Germania lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Giulia.
Il 26 ottobre scorso Turetta ha detto in aula di aver pianificato il rapimento e l’uccisione di Giulia perché lei rifiutava di tornare con lui, che poi si sarebbe suicidato e di aver stilato una lista di “cose da fare”.
La relazione era durata circa un anno e nell’agosto 2023 Giulia aveva deciso d’interromperla. Elena ha spiegato che il “controllo e la manipolazione” erano cominciati presto, con un attacco di gelosia quando Giulia aveva detto a Turetta che avrebbe incontrato un ex fidanzato del liceo. Turetta non era mai stato fisicamente violento, ha aggiunto Elena, ma come in molti casi di femminicidio non accettava che la relazione fosse finita e probabilmente aveva minacciato di suicidarsi. “Giulia non voleva sentirsi responsabile del fatto che lui si potesse uccidere per lei”, ha detto Elena. “Era manipolata e minimizzava il problema. In questi casi si sottovaluta l’abuso psicologico: a volte la vittima non si riconosce come tale”.
Mentre se ne discuteva in tv, Elena sentiva le persone dare la colpa a Giulia: “Si chiedevano perché non fosse riuscita a salvarsi da sola. E Turetta era descritto come un bravo ragazzo che non avrebbe fatto male a una mosca. Assurdo. Invece di chiedersi come è arrivato a questo punto”.
Sommersa di telefonate
L’obiettivo principale della fondazione Giulia Cecchettin è “educare per produrre un cambiamento”, ha detto il padre, perché “la violenza di genere non è una questione privata, ma un fallimento collettivo”. La famiglia chiede l’introduzione nelle scuole dell’educazione sessuale e affettiva, “che deve cominciare dai bambini”, ha detto Elena. Da quando c’è la fondazione, la famiglia Cecchettin è stata sommersa di telefonate e messaggi di donne in situazioni di pericolo. Elena ha detto che questo è un ulteriore segno dello “spaventoso vuoto istituzionale”, citando anche i tagli ai fondi destinati alle case rifugio per donne negli ultimi dieci anni. “Vorremmo aiutare tutte, ma non abbiamo gli strumenti. Il lavoro lo stanno facendo essenzialmente le associazioni autofinanziate. Al governo non sembra interessare che le donne siano al sicuro”.
Giulia voleva diventare illustratrice di libri per bambini. “Era una persona buona, priva di malizia. Cercava sempre di vedere il bene in ogni cosa”, ha detto la sorella. Elena è convinta che la società può produrre dei cambiamenti. “Ma tutti dobbiamo assumerci la responsabilità di risolvere i problemi, e per farlo dobbiamo arrivare a zero femminicidi”. Fino ad allora, “per Giulia, brucia tutto”. ◆
◆ Anche il quotidiano svizzero Le Temps si occupa del processo a Filippo Turetta, accusato di aver ucciso Giulia Cecchettin un anno fa. “Il 25 novembre i pubblici ministeri della corte d’assise di Venezia hanno chiesto l’ergastolo nel processo all’autore di un femminicidio che ha sconvolto l’Italia. Nei giorni precedenti centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza in varie città per denunciare la sopravvivenza del patriarcato. La richiesta dei magistrati arriva in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”.
Il quotidiano riporta le dichiarazioni del pubblico ministero Andrea Petroni, che esclude qualsiasi legame tra la richiesta dell’ergastolo e la giornata contro la violenza sulle donne: “La richiesta si basa solo sui fatti e non deriva da riflessioni sui femminicidi e sulla giornata contro la violenza sulle donne. Sono questioni di cui non ci si occupa in un tribunale”, ha affermato.
Il quotidiano ricorda che, sempre il 25 novembre, c’è stata una pesante condanna per femminicidio: “Il tribunale di Milano ha condannato all’ergastolo Alessandro Impagnatiello, per l’omicidio commesso nel maggio 2023 della sua fidanzata, Giulia Tramontano, incinta di sette mesi”. L’articolo racconta anche della manifestazione del 23 novembre a Roma: “Ha riunito migliaia di persone nel centro della città. ‘Siamo il grido, altissimo e feroce, di tutte quelle donne che più non hanno voce’, hanno gridato le partecipanti. Il ministero dell’interno ha registrato 84 femminicidi dall’inizio dell’anno in Italia”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1591 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati