Notizie surreali dalla Silicon valley: Facebook ha cambiato nome in Meta perché il suo presidente, Mark Zuckerberg, vuole lanciare un metaverso, una realtà virtuale condivisa. A parte il fatto che al momento il metaverso è solo un’ipotesi, il cambio di nome è una pessima idea, avvilente ed esilarante allo stesso tempo.
Immaginate di essere Zuckerberg in riunione con il suo gruppo di esperti. Alcuni anni fa avete comprato la Oculus, un’azienda che produce visori per la realtà virtuale e finalmente sapete cosa farne. Volete sfruttarla per lanciare un nuovo mondo virtuale. Dopo un intenso brainstorming ecco l’idea! Perché non rinfrescare l’immagine del vostro impero usando il nome di un mondo virtuale preso da Snow crash, un romanzo del 1992 in cui un magnate delle comunicazioni controlla con il pugno di ferro il suo Metaverso, costringendo tutti ad abbonarsi alla sua tv via cavo? Dopo aver attirato persone in massa nel Metaverso, il magnate introduce un “virus neurolinguistico” che le priva della capacità di usare la lingua e poi distrugge i loro cervelli. Insomma, niente di meglio di un nome che evoca distopia mediatica e pazzia collettiva per celebrare una nuova visione aziendale!
Ovviamente non conosciamo il ragionamento di Zuckerberg, ma la Silicon valley ha dei precedenti di nomi inappropriati presi in prestito dalla fantascienza. Nel 2003 Peter Thiel chiamò la sua azienda di software Palantir, come le pietre magiche del romanzo Il signore degli anelli. Il problema è che i palantír del libro alternano verità e bugie. Pessima scelta per un’azienda che analizza dati per le agenzie d’intelligence. Qualche anno fa, invece, Rob Rhinehart ha chiamato la sua bevanda sostitutiva dei pasti Soylent, come le gallette nutritive fatte con cadaveri umani del film 2022: i sopravvissuti, del 1973.
Dubito che queste sviste dipendano dal fatto che gli imprenditori della Silicon valley non leggono. Penso che il problema sia più profondo, e cioè che non abbiano il senso del paradosso. Il primo passo per capire il paradosso è accettare l’esistenza di due pensieri in contraddizione e orientarsi in quell’ambiguità pericolosa. Quando insegnavo studi culturali all’università della California a Berkeley, una delle cose più difficili era far capire ai miei studenti che una storia può avere due significati contrapposti, entrambi “corretti”. Il Metaverso di Snow crash è attraente, ma espone gli utenti alla manipolazione e alla follia aziendali. A volte le cose attraenti possono essere anche orribili. Nella logica della Silicon valley, invece, non c’è spazio per l’ambiguità. O una cosa è attraente o non lo è, e lo si misura in base alla quantità di utenti che attira o di soldi che fa.
La difficoltà a capire il paradosso spiega anche un altro limite di molti colossi tecnologici: l’incapacità di gestire gli usi contraddittori dei loro prodotti. Facebook, per esempio, può servire a trovare l’amore o a spargere odio, a rivelare verità o a diffondere bufale. Può amplificare la voce degli oppressi o aiutare gli oppressori a reprimerli. Quando è chiamata a occuparsi di questi temi, però, fallisce miseramente. Come altre aziende che si occupano di social network, la Meta si concentra su uno o due impieghi positivi delle sue app, ignorando quelli negativi. In altri termini, non capisce che il bello e il brutto dei suoi prodotti sono ugualmente importanti e richiedono la stessa attenzione.
In attesa di scoprire cosa ci riserva il metaverso, possiamo ipotizzare un mondo virtuale tridimensionale con gli stessi difetti di quello digitale bidimensionale. Sappiamo già che i visori della Oculus, fondamentali per orientarsi, potranno fare mappe in 3d delle case degli utenti e caricare le informazioni sul cloud. Entrando nel metaverso, quindi, potremmo inviare alla Meta la pianta della nostra casa e dati sui nostri movimenti. Le aziende potrebbero usare questo strumento per controllare se i dipendenti restano incollati al lavoro.
Quel che è peggio, le difficoltà con il paradosso impediscono alla Meta di capire perché il controllo del metaverso può essere positivo per l’azienda ma negativo per le persone. Speriamo che l’umanità si accorga dei rischi prima di finire come le masse di Snow crash. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati