“A Santiago avevamo due macchine. Qui tutto è a meno di un quarto d’ora a piedi e le nostre figlie vanno a scuola vicino a casa”. Barba brizzolata, in maglietta nonostante il vento glaciale, Andro Lindsay non smette di elogiare il paese che l’ha accolto. Lindsay è “imprenditore seriale” cileno sbarcato a Helsinki nell’agosto 2021 con moglie e figlie. Sette mesi dopo ha creato un’azienda specializzata in urbanistica sostenibile, che dirige da Epicenter, uno spazio di coworking nel cuore della capitale finlandese.
“Al nostro arrivo ci hanno accolto davvero con tutti gli onori”, dice ancora impressionato l’imprenditore cileno. Lindsay ha fatto parte del primo gruppo del programma 90 day finn (Finlandesi per 90 giorni) lanciato dal comune di Helsinki. Il principio è chiaro: proporre a imprenditori, creatori di startup e ricercatori di vivere in Finlandia per tre mesi. Nel 2021 cinquemila candidati provenienti da tutto il mondo hanno risposto all’invito. Helsinki ne ha scelti quindici, e la metà di loro ha scelto di restare.
Per tre mesi hanno scoperto il paese, hanno incontrato investitori e imprenditori, hanno ricevuto un aiuto per mettere in piedi un progetto. I fine settimana erano dedicati alle uscite in famiglia: sauna, escursioni nell’arcipelago, raccolta di bacche e di funghi nei boschi. “L’idea era farne degli ambasciatori che parlassero di Helsinki una volta tornati a casa, ma anche di usare le loro opinioni per capire come diventare più attraenti all’estero”, spiega Johanna Huurre, l’ideatrice del programma.
Sulla scena internazionale la concorrenza per reclutare i migliori talenti è molto forte. E per quanto questo piccolo paese di cinque milioni e mezzo di abitanti, nell’estremo nord dell’Europa, abbia molti aspetti positivi, resta ancora poco conosciuto all’estero. “Quando si parla della Finlandia, la prima cosa che viene in mente è il freddo e le tasse alte”, protesta Heini Kaihu, direttrice delle risorse umane dell’azienda di videogiochi Rovio. “Tuttavia una volta arrivati nel paese, molti apprezzano l’equilibrio tra vita privata e lavoro, l’accesso ai servizi pubblici, la natura e altre cose simili”.
Valorizzando tutti questi aspetti, la Finlandia conta di attirare le persone di cui ha bisogno per combattere l’invecchiamento della sua popolazione, che ormai penalizza molti settori della società ed è uno dei più rapidi del mondo. Tra il 2010 e il 2020 le persone in età da lavoro sono state 136mila in meno, ed entro il 2060 continueranno a diminuire di quasi diecimila unità all’anno.
Il tasso di disoccupazione, attualmente al 7,5 per cento, è diminuito grazie a diverse politiche del lavoro e ritardando l’età pensionistica, ma questo non basterà a colmare il vuoto creato dall’invecchiamento: “Se la Finlandia vuole mantenere il suo welfare e un ambiente favorevole all’investimento e all’innovazione, dovrà attirare più persone dall’Europa e dal resto del mondo”, spiega la ministra per l’occupazione Tuula Haatainen.
Nella sede della confindustria finlandese, che si trova nel porto di Helsinki, la presidente Taina Susiluoto si arrabbia: “È da quando sono diventata maggiorenne che vedo circolare il grafico che mostra la diminuzione della popolazione. Oggi quel grafico è una realtà concreta per le imprese, che ogni anno ricevono meno curriculum. Sapevamo da decenni che sarebbe successo, eppure nessun governo finora ha messo l’immigrazione di lavoratori qualificati al centro delle sue politiche”.
Creatori di startup
La situazione però sta cambiando. Le pressioni degli imprenditori hanno spinto i politici a proporre diverse riforme per facilitare le procedure amministrative e accelerare l’arrivo degli stranieri. Entro giugno i creatori di startup, i professionisti e le loro famiglie dovrebbero potersi trasferire in Finlandia due settimane dopo aver ottenuto il visto. Per gli altri “l’idea è di non superare un mese di attesa”, spiega la ministra. Le procedure saranno snellite grazie all’informatizzazione e alla riduzione della burocrazia.
In parlamento è all’esame una riforma per facilitare anche l’arrivo di studenti stranieri. Il governo ne vuole accogliere quindicimila all’anno fino al 2030, il triplo di quelli attuali, e vuole fare in modo che il 75 per cento di questi ragazzi resti in Finlandia dopo l’università. Se il progetto sarà approvato dai deputati, gli studenti non europei potranno ottenere un permesso di soggiorno per tutta la durata dei loro studi e poi un permesso di due anni per cercare lavoro, che potrà essere usato nei cinque anni successivi alla laurea. Ma le riforme non basteranno se anche le aziende private non faranno la loro parte, osserva Ulla Hiekkanen-Mäkelä. La direttrice del programma Talent boost, lanciato nel 2017 dal precedente governo, spiega: “Le piccole e medie imprese sono quelle con i bisogni maggiori, ma esitano a reclutare all’estero. C’è sempre una scusa: non è il momento giusto, hanno bisogno di dipendenti che parlano il finlandese, non sanno come fare. Eppure, molte vogliono estendere le loro attività all’estero. Noi gli spieghiamo che il modo migliore è cominciare da qui, da casa”.
Per incoraggiarle a fare il primo passo, Talent boost offre un aiuto finanziario: fino a ventimila euro in un anno per assumere un dipendente all’estero, incaricato di aiutare l’azienda a svilupparsi fuori dalla Finlandia. A sua volta l’impresa dovrà anticipare una somma equivalente, “che rappresenta grosso modo un anno di stipendio”, precisa Hiekkanen-Mäkelä. Nel 2021 hanno ricevuto dei fondi 62 imprese.
Business Finland, un’azienda legata al ministero dell’occupazione, organizza regolarmente dei “Talent boost breakfast”, eventi in cui le aziende possono incontrarsi e scambiarsi delle opinioni sulle loro esperienze. La confindustria finlandese ha voluto dare l’esempio offrendo degli stage a studenti stranieri, che poi dovevano raccontare la loro esperienza sui social network. “Abbiamo dovuto adattarci, facendo per esempio le nostre riunioni in inglese. Questo ci ha fatto riflettere su come funzioniamo e gestiamo le nostre attività”, osserva Taina Susiluoto.
Negli ultimi anni la stampa ha parlato delle difficoltà degli studenti stranieri di trovare un lavoro in Finlandia dopo la laurea. Anche se a volte la lingua può essere un intralcio, uno studio della Scuola svedese delle scienze sociali a Helsinki ha messo in luce le discriminazioni sul mercato del lavoro in un paese in cui gli immigrati sono solo l’8 per cento della popolazione. Anche un rapporto pubblicato nel settembre 2021 dal sindacato degli ingegneri ha concluso che i pregiudizi e le discriminazioni rappresentano i principali ostacoli all’assunzione di immigrati. “Sappiamo che molte persone hanno difficoltà a trovare un lavoro in Finlandia, indipendentemente dal fatto che abbiano fatto i loro studi qui o che siano arrivati per ricongiungersi ai loro familiari”, conferma Hiekkanen-Mäkelä.
La confindustria finlandese ha dato l’esempio offrendo degli stage a studenti stranieri, che poi dovevano raccontare la loro esperienza
“Attirare i profili migliori non basta, bisogna anche convincerli a restare”, dice Petra Miesmaa, responsabile delle risorse umane della filiale finlandese della Ge Healthcare. L’azienda, che conta settecento dipendenti, “non ha alcun problema a reclutare all’estero”, assicura il direttore Erno Muuranto. Un terzo dei suoi dipendenti assunti negli ultimi anni è straniero. Ma per le coppie non è sempre facile quando uno dei due non trova un lavoro. Negli ultimi anni i comuni hanno creato dei programmi d’integrazione per i coniugi, con corsi di lingua e un accompagnamento nella ricerca di un impiego. La Ge Healthcare collabora a un programma di questo tipo lanciato a Helsinki.
A sua volta la federazione delle industrie tecnologiche – che ha chiesto ai suoi iscritti di assumere almeno uno studente straniero nel 2022 – raccomanda l’adozione di programmi di formazione professionale in inglese o in altre lingue. Per la responsabile delle attività professionali, Leena Pöntynen, il settore avrà bisogno di 130mila persone nei prossimi dieci anni per coprire il vuoto lasciato dai pensionamenti e per sostenere la crescita delle imprese. Ma formare un numero maggiore di giovani non basterà: “Mancheranno almeno 2.500 lavoratori all’anno”. Nel luglio 2021, tuttavia, il 27,5 per cento degli immigrati presenti in Finlandia era disoccupato: “Potremmo offrire corsi di formazione in diverse lingue per le competenze richieste dalle imprese, se queste si impegnano ad assumere le persone”, osserva Leena Pöntynen.
Situazione critica
Per alcuni settori, come quello dell’assistenza sanitaria, la sfida si annuncia particolarmente difficile. Secondo Lasse Lehtonen, direttore del dipartimento di diagnosi dell’ospedale universitario di Helsinki, la situazione è “critica”. Entro il 2030 il paese avrà bisogno di trentamila infermieri. Lehtonen ha approvato un progetto pilota per assumere dipendenti in India. Ma anche nel migliore dei casi “gli infermieri stranieri potranno coprire solo il 5 per cento del personale”, assicura il responsabile medico, che si rammarica per la reazione tardiva della Finlandia: “Avremmo dovuto investire cento milioni di euro ogni anno a partire dal 2000”.
Ma ci sono anche delle buone notizie: nel 2021 la Finlandia ha ricevuto 11.428 nuove richieste di permesso di lavoro, un risultato eccezionale, in aumento del 35 per cento rispetto al 2020. Tra le persone che hanno fatto domanda c’erano 1.293 specialisti, per lo più originari della Russia, dell’India e della Cina. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati