M entre s’inasprisce il conflitto tra Hezbollah e Israele, a due settimane dal rientro nelle scuole pubbliche, in Libano mancano all’appello più di 30mila studenti su 300mila. Secondo i dati del ministro uscente dell’istruzione, Abbas Halabi, lo stesso vale per le infrastrutture. “Quattrocento edifici pubblici sono chiusi (alcuni distrutti), perché situati in zone di conflitto: nel sud del Libano, nella periferia meridionale di Beirut o nella valle della Beqaa”, spiega il ministro, mentre altri cinquecento ospitano gli sfollati. In questa situazione l’insegnamento online è l’unica alternativa, ma tarda a mettersi in moto per motivi tecnici e finanziari. Per i genitori è la soluzione peggiore.
Il rientro a scuola avviene mentre i cittadini sono sconvolti e il paese attraversa una crisi su vari livelli che va avanti da cinque anni. I corsi in presenza sono già stati sospesi in vari distretti dopo i bombardamenti israeliani su Beirut del 16 e 17 novembre. Nella valle della Beqaa la scuola pubblica di Bouarej è diventata un centro d’accoglienza. “Duecento studenti sono senza aule perché ci alloggiano una trentina di sfollati”, si lamenta Amani Bsat. Sua figlia ha cominciato i corsi online, ma questo tipo di insegnamento è “terribile”. Manca tutto: le attrezzature, i dispositivi elettronici, la connessione internet. “Gli studenti hanno bisogno di ritrovare la loro classe, i banchi, i professori, la scuola che raggiungevano a piedi, anche in pieno inverno. Noi non abbiamo i mezzi per iscriverli altrove o per pagare il trasporto”, insiste Bsat.
Il ministro Halabi commenta: “Ho avviato l’anno scolastico con i mezzi che avevo a disposizione. Ma almeno gli studenti andranno avanti e possiamo sperare di salvare l’anno”. La strategia adottata dal ministero dell’istruzione insieme all’Unesco, che si fonda su un insegnamento in presenza, ibrido o da remoto a seconda delle necessità, si scontra secondo lui con “l’assenza di finanziamenti internazionali” e le casse dello stato vuote.
In 350 edifici scolastici gli studenti si alternano su due turni di tre giorni, cioè ricevono 24 ore di lezione alla settimana. Un centinaio di istituti pubblici che accolgono sfollati hanno liberato degli spazi per le lezioni e trenta scuole private hanno aperto le porte nel pomeriggio o nel fine settimana per gli alunni delle scuole pubbliche. Altri 250 istituti offrono corsi online. “Abbiamo cominciato l’anno con 175mila studenti. Oggi ne abbiamo 270mila e le iscrizioni sono aperte fino al 21 novembre, forse anche oltre se necessario”, precisa il ministro.
In Libano la scuola pubblica è frequentata da un terzo degli studenti, che nell’anno 2022-2023 erano poco più di un milione, secondo le statistiche più recenti del Centro di ricerca e di sviluppo pedagogico. Ma il conflitto con Israele che dura dall’8 ottobre 2023, sommato a una crisi finanziaria e politica in corso dal 2019, rischia di affossare ulteriormente l’insegnamento pubblico. “La scuola pubblica aveva 286mila studenti nell’anno 2023-2024”, spiega Halabi, contro i 302mila del precedente.
Questioni in sospeso
Dopo aver rifiutato di riprendere le lezioni come indicato dal ministro, i sindacati degli insegnanti della scuola pubblica, generalmente vicini ai partiti sciiti Hezbollah e Amal, hanno accettato il rientro a novembre, sia in presenza sia online. “Sul piano logistico è ancora tutto vago, il contenuto dei programmi, l’assegnazione degli studenti, le modalità di accesso alla piattaforma online. Avremmo dovuto rinviare l’inizio dell’anno scolastico”, protesta Haydar Ismail, coordinatore di arabo della scuola pubblica secondaria Zahia Selman a Beirut.
“È un caos: per l’insegnamento in presenza, per quello online e per la suddivisione degli insegnanti”, conferma Nabil Akil, coordinatore della Lega dei professori della scuola pubblica della Beqaa. “Per andare al lavoro alcuni insegnanti devono attraversare zone pericolose”, ricorda, chiedendo “una maggiore flessibilità”. La sindacalista indipendente Nisrine Chahine, presidente della Lega degli insegnanti a contratto delle scuole primarie pubbliche libanesi, critica la decisione delle autorità di ospitare gli sfollati nelle scuole “perché la maggioranza degli studenti dovrà studiare online. Non più del 20 per cento di loro potrà seguire i corsi in presenza”.
◆ In Libano l’inizio della scuola era previsto per settembre, ma l’offensiva israeliana lanciata contro Hezbollah il 23 settembre 2024 ha permesso il rientro in classe il 7 ottobre solo negli istituti privati, frequentati da studenti che provengono da famiglie delle classi medie e agiate. Le scuole pubbliche, dove studia il resto della popolazione, spesso molto povera, sono rimaste chiuse fino al 4 novembre, perché molti edifici sono stati destinati dal governo ad accogliere gli sfollati dalle zone colpite dai bombardamenti israeliani. Quest’anno le iscrizioni nelle scuole pubbliche sono state duecentomila. Le Monde
Ma, prolungando la loro astensione dal lavoro, gli insegnanti avrebbero rischiato di perdere le simpatie delle famiglie e una parte degli indennizzi in valuta straniera promessi per compensare la svalutazione del loro salario in lire libanesi. “Tutti i nostri studenti e quasi tutti i nostri insegnanti sono sfollati, alcuni all’estero. Il legame con il villaggio e con la comunità resta forte. Sarà mantenuto grazie all’insegnamento online”, spiega Hussein Jawad, presidente del sindacato degli insegnanti e preside di una scuola di Ghassaniyeh, nel distretto di Sidone.
“Non abbiamo ancora cominciato le lezioni. Le nostre strutture ospitano circa mille sfollati”, racconta la direttrice di un istituto secondario di Beirut, che chiede di restare anonima. “Stiamo preparando il rientro in altri locali, in presenza”.
Halabi assicura di stare facendo il possibile “per sistemare le questioni in sospeso”. Di recente ha annunciato un accordo con la piattaforma Microsoft Teams per offrire a studenti e insegnanti l’accesso gratuito. Inoltre ha trasmesso 130mila nomi e numeri di telefono al ministero delle telecomunicazioni perché siano connessi a internet gratuitamente nel più breve tempo possibile. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati