Visto dall’alto, il gruppo di giornalisti e collaboratori riuniti intorno al candidato presidenziale Venâncio Mondlane era appena un puntino scuro nell’immensa piazza del centro di Maputo, la capitale del Mozambico. Il 21 ottobre non c’era molta gente in giro e si sentivano degli spari, ma Mondlane, in maglietta gialla e gilet nero di Podemos, il partito che ha appoggiato la sua candidatura, ha continuato a parlare con i giornalisti finché i poliziotti non gli hanno sparato dei gas lacrimogeni.

I video girati quel giorno nelle strade di Maputo mostrano agenti che sparano le granate dei lacrimogeni direttamente contro le persone. Diverse testimonianze parlano di giovani feriti alla testa. “Questo è terrorismo contro il popolo… In piazza ci sono giovani indifesi e disarmati che non hanno possibilità di reagire e soprattutto non creano disordini”, ha detto Mondlane ai giornalisti dopo essere scappato in direzione dell’avenida Joaquim Chissano, la strada dove il 18 ottobre sono stati assassinati Elvino Dias, il suo avvocato, e Paulo Gambe, un rappresentante di Podemos.

Nel luogo dove la loro auto è stata attaccata da due uomini armati di kalashnikov, oggi ci sono fiori e bigliettini, ma dalle prime ore del 21 ottobre era presidiato dalle forze dell’ordine per stroncare sul nascere qualsiasi manifestazione.

Responsabilità dello stato

Invece di neutralizzare pacificamente la protesta indetta da Mondlane, la polizia ha perso subito il controllo. Alcuni giovani si sono rifiutati di arretrare e hanno incendiato pneumatici per strada, ribaltato un blindato della polizia al grido “il popolo unito non sarà mai sconfitto”, e paralizzato alcune aree della città.

Sul sito mozambicano Integrity, Benvindo Nascimento ha scritto che “gli slogan non si fanno tacere con i lacrimogeni. A ogni angolo di strada c’è un gruppo di persone che non si arrende, come se lottasse non solo per i due uomini uccisi, ma anche per il proprio futuro”.

Elezioni irregolari

◆ La pubblicazione dei risultati delle presidenziali mozambicane del 9 ottobre è prevista il 24 ottobre. Anche se molti danno per scontata la vittoria di Daniel Chapo, del partito al potere Frelimo, il candidato indipendente Venâncio Mondlane ha dichiarato l’11 ottobre di essere il vincitore. Secondo il sito Club of Mozambique, il suo avvocato Elvino Dias prima di essere ucciso stava preparando un ricorso contro i risultati del voto da presentare alla corte costituzionale. Diverse missioni di osservatori elettorali hanno rilevato irregolarità nello scrutinio.


“Se il cittadino non può esercitare i propri diritti, si crea una condizione peggiore di uno stato di guerra”, ha dichiarato Mondlane all’agenzia di stampa Lusa. Il candidato ne ha approfittato per rilanciare la sua sfida alle autorità, mostrando di non voler rinunciare alle pressioni sul governo del Frelimo, il partito al potere dall’indipendenza, che si prepara ad annunciare i risultati definitivi delle elezioni del 9 ottobre.

Secondo João Feijó, ricercatore del centro studi Observatório do meio rural, “nonostante le scene di guerriglia urbana che si sono viste in tutto il paese, il presidente Filipe Nyusi è rimasto in silenzio, trasmettendo un’idea di inflessibilità. Questa spirale di violenze commesse da poveri contro altri poveri può essere fermata solo dai politici”, continua Feijó. “Parlo di Mondlane, ma anche dei vertici del Frelimo, che devono mostrare più rispetto per gli avversari. La responsabilità della sicurezza ce l’ha lo stato. La sicurezza si ottiene con il dialogo e il rispetto della legge, non con la forza bruta”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati