Ogni quattro anni, in occasione dei giochi olimpici, il grande pubblico si appassiona, tra gli altri sport, alle gare di nuoto. E a volte si fa domande che possono sembrare banali, ma che assumono un senso se si guardano le competizioni. Per esempio: come fanno i nuotatori a capire dove si trovano gli altri sette concorrenti durante una finale? Quali metodi e stratagemmi usano?
“Non sono affatto domande banali”, dice l’ex nuotatore francese Amaury Leveaux, vincitore dell’oro ai giochi di Londra del 2012 nella staffetta 4x100 stile libero maschile, di due argenti a Pechino nel 2008 nella stessa staffetta e nei 50 metri stile libero, e allievo del famoso allenatore Philippe Lucas. “Al contrario, ci sono aspetti tecnici e psicologici molto importanti. Ma se devo essere sincero, in acqua non vediamo niente a parte la linea della corsia”. Una volta partiti, i nuotatori hanno poco tempo per “fotografare” la situazione della gara. Ogni atleta ha il suo metodo per orientarsi in acqua, dove le bolle e i movimenti degli avversari rendono quasi impossibile vedere qualcosa. “In vasca ci si guarda poco attorno”, spiega Leveaux. “Per una gara perfetta non bisogna mai voltarsi indietro”.
Ci sono delle “tecniche” per percepire la posizione degli avversari e superarli: “C’è chi prende aria a destra e chi a sinistra. Se lo fai a destra, giri la testa da quella parte e non vedi nulla dall’altra, ma dopo la virata (l’inversione al termine della corsia) la prospettiva si inverte. All’andata puoi farti un’idea della situazione da un lato, e al ritorno dall’altro. Non puoi vedere cosa succede sul lato dove non prendi aria. Sui 50 metri non bisogna assolutamente guardare dalla parte opposta, o si perdono centesimi di secondo preziosi”. Ogni dettaglio è importante: un semplice movimento della testa può costare anche una medaglia olimpica. Tutti gli elementi esterni alla vasca, come la posizione delle tribune, dei fotografi e delle telecamere, sono presi in considerazione dagli atleti mentre si riscaldano o durante la ricognizione della piscina che avviene qualche giorno prima della gara.
Anche nell’acqua ci sono dei punti di riferimento importanti, come i galleggianti rossi e gialli che indicano la distanza di 5 e 15 metri dalla fine della corsia, o la linea blu che termina in una T sul fondo della vasca, che segnala agli atleti di preparare la virata e alle atlete di poter fare ancora due bracciate. Individuare i giusti riferimenti può rivelarsi decisivo quando si arriva alla gara. I dettagli fanno sempre la differenza.
Il tuffo della vita
Alcuni nuotatori come Leveaux guardano raramente gli avversari, ma altri sono specializzati nel farlo, come il sudafricano Chad le Clos, campione olimpico a Londra nel 2012 nei 200 metri farfalla e sedici volte campione del mondo (in vasca piccola e grande), che spesso guarda a destra e a sinistra durante le gare. Un atteggiamento che “sorprende e diverte” i suoi avversari.
Abituati ad affrontarsi per tutto l’anno, i nuotatori e le nuotatrici si conoscono bene. Sanno chi tra di loro parte veloce, chi è più bravo nella virata o nel finale. Ognuno ha le sue tecniche, i suoi punti di forza e le inevitabili debolezze. “Per vedere quello che succede in vasca, dovresti mettere la testa completamente sott’acqua, sennò non si vede quasi nulla. Io spesso nuotavo verso la telecamera, cercavo di raggiungerla ma non ci riuscivo”, racconta sorridendo Leveaux.
“Sapevo che per vincere i 50 metri alle Olimpiadi di Pechino del 2008 dovevo fare il tuffo migliore della mia vita”, continua il nuotatore. “Quando mi sono buttato non ho guardato quello che succedeva intorno a me. Ma mentre emergevo ho girato un po’ lo sguardo e sono uscito troppo presto, vanificando tutti gli sforzi fatti per tuffarmi bene. Quell’errore mi è costato il primo posto. Due decimi di secondo possono fare una differenza enorme”. ◆as
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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 99. Compra questo numero | Abbonati