La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha visitato Kiev il 4 novembre per rassicurare il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj che Bruxelles continuerà a sostenere l’Ucraina, in una fase in cui cresce il timore che il conflitto tra Israele e Hamas possa distogliere l’attenzione dalla guerra in Europa.
La visita di von der Leyen nella capitale ucraina si è svolta prima della pubblicazione, l’8 novembre, del rapporto sui progressi fatti dall’Ucraina e dagli altri paesi candidati all’ingresso nell’Unione europea. Von der Leyen ha lasciato intendere che la Commissione raccomanderà ai paesi dell’Unione di avviare rapidamente le trattative con Kiev. “Sono fiduciosa che possiate raggiungere il vostro ambizioso obiettivo, cioè la storica decisione di aprire il processo di adesione già quest’anno”, ha detto la presidente della Commissione davanti al parlamento ucraino. Poche ore prima aveva sottolineato gli “eccellenti progressi” fatti dal paese.
Per avviare il negoziato l’Ucraina deve rispettare sette condizioni poste dalla Commissione, tra cui la riduzione della corruzione e una serie di riforme in ambito giudiziario. In base alla valutazione di Bruxelles, i leader europei stabiliranno nel consiglio europeo di metà dicembre se cominciare i colloqui formali con l’Ucraina.
Mykhailo Žernakov, presidente del consiglio di amministrazione della fondazione ucraina Dejure e spesso molto critico nei confronti del governo ucraino, ci ha detto di aver notato progressi significativi nelle riforme giudiziarie, aggiungendo però che c’è ancora molto lavoro da fare. “Bisogna riconoscere i passi avanti dell’Ucraina, e farlo subito, altrimenti i nostri politici non avranno nessun incentivo a proseguire sulla strada delle difficili riforme necessarie al paese”, ha sottolineato Žernakov. Le decisioni sull’allargamento devono essere prese all’unanimità dai 27 paesi dell’Unione europea. A ottobre il primo ministro ungherese Viktor Orbán aveva chiesto una nuova strategia comune nei confronti dell’Ucraina, sostenendo che quella adottata finora si è dimostrata fallimentare. Anche il nuovo primo ministro slovacco, il populista Robert Fico, ha criticato il sostegno militare accordato a Kiev. Altri paesi europei, pur sostenendo politicamente l’allargamento, ritengono che debba essere affiancato da una riforma interna dei meccanismi di funzionamento dell’Unione.
Sicurezza e riforme
Secondo Lukáš Macek, del centro studi francese Institut Jacques Delors, l’incontro di dicembre sarà decisivo: “I paesi dell’Europa centrale sono sostenitori entusiasti dell’allargamento, ma mi chiedo se non cambieranno gradualmente opinione quando capiranno che i nuovi arrivati li priveranno di alcuni vantaggi, a cominciare dai fondi comunitari”, sottolinea, riferendosi in particolare alle recenti tensioni tra Varsavia e Kiev a proposito delle esportazioni di grano ucraino.
Durante la visita di von der Leyen, tanto Zelenskyj quanto la vicepremier Olga Stefanišyna, con delega all’integrazione europea, hanno rilasciato commenti ottimistici sul futuro del processo di adesione. In una conferenza stampa congiunta con von der Leyen, Zelenskyj ha precisato che “le raccomandazioni necessarie per avviare il negoziato sono state rispettate. Ma l’Ucraina non ha intenzione di fermarsi al rinnovamento delle istituzioni. Le riforme continueranno”.
Rispetto alla possibilità di incontrare le resistenze di alcuni paesi europei, Stefanišyna ha dichiarato: “Anche se l’Ungheria sfrutterà la situazione per le sue speculazioni politiche, sono convinta che ci sarà un generale consenso”.
Uno degli obiettivi della visita di von der Leyen era dimostrare a Kiev che Bruxelles è ancora determinata a sostenerla, anche se il conflitto tra Israele e Hamas rischia di far dimenticare la guerra in Ucraina. I leader internazionali fanno la spola con il Medio Oriente e gli Stati Uniti in particolare sembrano distratti da ciò che succede in Israele; inoltre, in vista delle presidenziali del 2024, il paese è diviso sull’invio di nuove forniture militari a Kiev. In conferenza stampa, Zelenskyj ha detto di essere convinto che il sostegno all’Ucraina resterà inalterato, anche se “la guerra in Medio Oriente sta catalizzando l’attenzione internazionale”.
Tuttavia, il rinnovato impegno dell’Unione europea per Kiev arriva mentre il conflitto sembra essersi ridotto a una guerra di trincea, secondo quanto ha dichiarato il comandante in capo dell’esercito ucraino Valerij Zalužnyj in un’intervista all’Economist. Zelenskyj ha però subito smentito le parole del suo generale: “Siamo tutti stanchi e ci sono opinioni diverse sul confitto. Ma non siamo in situazione di stallo”.
Tutto questo fa capire che l’occidente dovrebbe prepararsi alla possibilità che la guerra in Ucraina si trascini ancora per molto tempo, magari trasformandosi in un “conflitto congelato”, come in Corea del Nord. “La sicurezza è un aspetto cruciale del processo di adesione”, spiega Kai-Olaf Lang, dell’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza, aggiungendo che la solidarietà e le considerazioni geopolitiche avranno anch’esse un ruolo fondamentale. Secondo Lang, una cosa è negoziare e fare le riforme, un’altra è invece garantire la sicurezza di Kiev una volta che l’Ucraina sarà diventata a tutti gli effetti un paese dell’Unione europea. ◆ as
◆ In un’intervista pubblicata il 1 novembre 2023 dall’Economist, il generale Valerij Zalužnyj, comandante in capo dell’esercito ucraino, ha detto che “proprio come nella prima guerra mondiale, abbiamo raggiunto un livello di tecnologia che ci mette in una situazione di stallo. […] Il fatto è che oggi possiamo vedere tutto ciò che fa il nemico, come il nemico vede tutto quello che facciamo noi. Per dare una svolta alla guerra avremmo bisogno di una grande innovazione, come fu l’invenzione cinese della polvere da sparo. […] Il rischio più grande di una guerra d’attrito è che possa prolungare le ostilità per anni, logorando lo stato ucraino. Dobbiamo quindi trovare al più presto quest’elemento di rottura e imparare a usarlo per arrivare rapidamente alla vittoria. Perché prima o poi ci renderemo conto che non abbiamo abbastanza uomini per continuare a combattere”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1537 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati