Il presidente statunitense Donald Trump pensava che poche persone si sarebbero indignate per l’arresto di Mahmoud Khalil, studente palestinese della Columbia university di New York, accusato di aver sostenuto il terrorismo e l’antisemitismo. Si sbagliava. Il presidente ha detto che Khalil, prelevato dal suo appartamento l’8 marzo, è un sostenitore di Hamas e ha elogiato gli agenti dell’immigrazione che l’hanno arrestato, davanti a sua moglie – cittadina statunitense e incinta – che sventolava il permesso di soggiorno permanente del marito. Trump ha parlato del “primo di una lunga serie di arresti”.

Da allora Khalil, attivista che nel 2024 ha guidato le proteste alla Columbia contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza, è detenuto in un carcere della Louisiana. L’amministrazione Trump vorrebbe che fosse espulso dal paese, ma un giudice ha bloccato il provvedimento. Molti hanno paragonato l’intervento della Casa Bianca alle azioni di uno stato di polizia. Alcuni parlamentari del Partito democratico hanno accusato Trump di “criminalizzare il dissenso”, mentre altri parlano di un’offensiva contro la libertà d’espressione che ricorda la repressione contro i comunisti di inizio novecento.

L’ondata di proteste a sostegno di Khalil è stata accompagnata dalle accuse di alcuni gruppi ebraici secondo cui Trump sta sfruttando le preoccupazioni sulla crescita dell’antisemitismo per attaccare il dissenso e i programmi universitari a sostegno della diversità.

Secondo Marianne Hirsch, docente che fa parte del Columbia jewish faculty group, “dovrebbe essere chiaro a tutti che ciò che sta succedendo nel campus non c’entra niente con la protezione degli ebrei. Insieme ai miei colleghi ebrei avevamo avvertito che la falsa descrizione dell’università come focolaio di antisemitismo sarebbe diventata un alibi per perseguire gli interessi dei repubblicani e ora dell’amministrazione Trump, con un tentativo di controllare la libertà d’espressione, il diritto alla protesta e all’istruzione superiore”.

Il presidente non sembra voler fare un passo indietro, determinato a colpire gli studenti stranieri più in vista nel movimento per la Palestina, un’offensiva che fa parte di una più ampia campagna di propaganda contro quello che i repubblicani considerano un dissenso progressista nei campus di tutto il paese. Prima dell’arresto di Khalil la Casa Bianca ha bloccato i 400 milioni di dollari di finanziamenti federali destinati alla Columbia, sostenendo che l’università non è stata capace di arginare l’antisemitismo. Ma proprio lo scorso anno i dirigenti dell’ateneo avevano duramente represso le proteste contro la guerra a Gaza e contro il sostegno accordato dall’amministrazione Biden allo sforzo bellico di Israele, facilitando tra l’altro l’arresto degli studenti e attaccando organizzazioni come Jewish voice for peace e Students for justice in Palestine.

Programmi sospetti

Altre 60 università criticate per la loro gestione delle accuse di antisemitismo sono finite nel mirino del dipartimento dell’istruzione, e potrebbero subire “azioni appropriate”. Anche nel loro caso la minaccia potrebbe portare al congelamento dei fondi. Quest’avvertimento è stato seguito da un altro annuncio: l’amministrazione Trump indagherà su 45 università sospettate di aver attuato “pratiche discriminatorie nell’ammissione ai corsi”.

Michael Thaddeus, professore di matematica alla Columbia e leader del ramo locale dell’American association of university professors (Aaup), ha descritto i tagli ai finanziamenti e l’arresto di Khalil come “un attacco a tenaglia” sferrato da Trump. Secondo Thaddeus, la Columbia è stata colpita per prima perché considerata un bastione dell’elitismo progressista, ma anche le altre università non dovrebbero sentirsi al sicuro.

La Casa Bianca ha fatto sapere agli amministratori della Columbia che i fondi verranno sbloccati solo se introdurranno cambiamenti radicali nei regolamenti disciplinari e di lotta all’antisemitismo. Il 13 marzo l’ateneo ha annunciato una serie di misure, comprese alcune espulsioni e sospensioni di studenti che avevano occupato un edificio scolastico nel 2024. I dirigenti della Columbia hanno consigliato agli studenti senza la cittadinanza statunitense di non pubblicare sui social network post di solidarietà nei confronti del popolo palestinese, sottolineando che il paese vive “un periodo pericoloso” e che “nessuno può proteggervi”. L’avvocato di Khalil, Samah Sisay, ha accusato la Casa Bianca di perseguitare il suo cliente per fini politici, dato che non è formalmente accusato di nessun crimine. “Dal giorno dell’insediamento di Trump assistiamo a un tentativo di imporre l’autorità del presidente e mostrare che verrà preso di mira chiunque sia in disaccordo con l’amministrazione o dovesse criticarla pubblicamente”, sottolinea Sisay.

La Casa Bianca ha giustificato l’arresto di Khalil facendo riferimento a una norma piuttosto vaga che consente l’espulsione di persone considerate pericolose per la politica estera statunitense. Un argomento che molto probabilmente sarà usato contro altre persone che hanno denunciato la guerra di Israele a Gaza.

Nel 2024 l’organizzazione conservatrice Heritage foundation ha presentato un piano di espulsioni nell’ambito del Project Esther, un nome che fa riferimento al personaggio biblico che avrebbe contribuito a salvare il popolo ebraico dallo sterminio durante l’impero persiano. Secondo il documento, centinaia di docenti avrebbero sostenuto Hamas direttamente o indirettamente. L’iniziativa è stata appoggiata da alcuni gruppi che sostengono Israele, compresa la Zionist organization of America.

Ultime notizie

◆ Dopo l’arresto di Mahmoud Khalil sono arrivate notizie su altri studenti presi di mira. Gli agenti per l’immigrazione hanno detto di aver arrestato Leqaa Kordia, una donna palestinese che aveva preso parte alle proteste del 2024. Secondo le autorità il suo visto per motivi di studio era stato revocato nel 2022 per mancata frequenza, e Kordia sarebbe stata arrestata dalla polizia di New York ad aprile 2024 per il suo ruolo in una manifestazione nel campus della Columbia. C’è poi il caso di Ranjani Srinivasan, una studente indiana che è scappata in Canada dopo aver saputo che il suo visto era stato revocato e che gli agenti dell’Ice la stavano cercando per arrestarla. Cnn


Altre organizzazioni vicine a Israele hanno identificato gli studenti e passato i loro nomi all’amministrazione Trump perché possano essere arrestati ed espulsi. Tra queste organizzazioni c’è Betar US, ispirata a un gruppo giovanile paramilitare sionista di un secolo fa. I rappresentanti di Betar US hanno dichiarato di aver consegnato “migliaia” di nomi alla Casa Bianca. Molti leader e gruppi ebraici, tra cui la non profit progressista T’ruah, gestita da rabbini, hanno criticato le espulsioni. “Sostenere che gli immigrati siano la minaccia principale per la sicurezza degli ebrei non è solo moralmente irresponsabile ma anche pericoloso per il popolo ebraico e la società americana”, ha scritto T’ruah in una lettera firmata da centinaia di rabbini.

Thaddeus ammette che la Columbia è vulnerabile agli attacchi politici perché è un’istituzione di élite, con un fondo fiduciario da miliardi di dollari che riceve anche 400 milioni di fondi federali e altri miliardi in finanziamenti per la ricerca. “Siamo vulnerabili. Abbiamo risorse enormi, ma se i fondi federali e quelli per le rette scomparissero il nostro patrimonio svanirebbe in poco tempo”, spiega.

Gli attacchi di Trump contro la Columbia e altre università sono stati agevolati dalla posizione di alcuni leader democratici come il senatore Chuck Schumer, che si è schierato con gli attivisti favorevoli a Israele e ha dichiarato che le proteste erano intrinsecamente antisemite.

Le università sono finite nel mirino del presidente anche per quanto riguarda i programmi a sostegno della diversità, dell’uguaglianza e dell’inclusione (Dei). L’amministrazione ha adottato un piano proposto da Christopher Rufo, attivista di destra che è stato amministratore del New College of Florida, dove la sua attività è stata fondamentale per l’abolizione del dipartimento Dei ordinata dal governatore Ron DeSantis. Rufo ha consigliato a Trump di fare lo stesso con tutte le università americane, agendo in fretta e ignorando le critiche.

Secondo il Chronicle of Higher Education, più di 240 università in 36 stati hanno eliminato almeno in parte le loro iniziative legate ai progetti Dei. Alcuni atenei hanno abolito la frequenza obbligatoria dei corsi sulla diversità come requisito per completare il percorso di studi. Altri hanno cancellato le informazioni online sui programmi e hanno modificato i loro contenuti per soddisfare i sostenitori di Trump.

Il presidente ha anche minacciato di togliere fondi alle università che non promuovono un’istruzione “patriottica”.

Alcune università cercano di resistere alla pressione. Il presidente di Princeton, Christopher Eisgruber, ha dichiarato che il suo ateneo non eseguirà gli ordini dell’amministrazione Trump fino a quando non ne sarà accertata la legalità. L’Aaup e altre organizzazioni hanno avviato una causa sostenendo che la cancellazione dei programmi Dei è incostituzionale.

Presidente in difficoltà

La moglie di Khalil, Noor Abdalla, ha dichiarato che il marito aveva chiesto protezione alla Columbia una settimana prima di essere arrestato, quando era finito al centro di “una violenta campagna diffamatoria”.

“Le organizzazioni contro la Palestina stavano diffondendo informazioni false su mio marito. Hanno minacciato Mahmoud. Era talmente preoccupato per la sua sicurezza che il 7 marzo ha scritto una email all’università implorando i dirigenti di fornirgli assistenza legale”. Non ha mai ricevuto una risposta.

Dopo l’arresto Katrina Armstrong, la presidente della Columbia, si è rivolta agli studenti e ai dipendenti dell’università dichiarando di “comprendere” la loro inquietudine per la presenza degli agenti dell’immigrazione nel campus, ma precisando che l’amministrazione avrebbe “rispettato la legge”. Armstrong ha sottolineato che la Columbia vive “un momento difficile” ma continuerà a combattere per “la libertà di espressione, il dibattito aperto, l’ampiezza di orizzonti e la discussione rispettosa”. Ha aggiunto che l’università “collabora con diverse agenzie federali e sta facendo il possibile per tenere presente le loro legittime preoccupazioni, preparandosi a intraprendere le dovute misure, nel rispetto della legge, per ripristinare i finanziamenti”.

In molti hanno accusato Armstrong di aver implicitamente giustificato le azioni dell’amministrazione Trump utilizzando l’espressione “legittime preoccupazioni”.

Thaddeus ha definito “tiepida” e “blanda” la risposta dell’università agli attacchi di Trump. “Sono deluso. Capisco che subiscano una pressione gigantesca, ma questo è il momento di avere coraggio e difendere i valori dell’istruzione americana, della vita intellettuale di questo paese, della libertà di espressione e soprattutto della libertà degli studenti e dei professori di non essere arrestati dagli agenti dell’immigrazione”, ha dichiarato il professore. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati