È un anno felice per chi si dedica ai libri di musica, soprattutto da una prospettiva femminista: stanno per uscire Un lavoro da donne, antologia sulle ossessioni musicali di sedici autrici curata da Kim Gordon e Sinéad Gleeson (Sur), e il memoir di Viv Albertine Clothes, clothes, clothes. Music, music, music. Boys, boys, boys (Blackie). Ma è anche l’anno di un disco che mi appassiona, Suono in un tempo trasfigurato di Francesca Bono, fondatrice degli Ofeliadorme, e di Vittoria Burattini (non vorrei ridurla a una fantasia di Mary Shelley in cui la creatura si fonde con la sua creatrice, ma per me Burattini è La batteria).
In Un lavoro da donne, Gleeson fa un ritratto di Wendy Carlos, la compositrice che lavorava al Columbia-Princeton electronic music center, il più antico centro di musica elettroacustica statunitense, per imparare a comporre su nastro e si definiva “una musicista che parla la lingua della scienza”. Carlos diventerà la complice di Bob Moog, e firmerà le musiche di Arancia meccanica e Shining. La sua è una storia di sintetizzatori e oscurità. Nel libro Gleeson cita altre sperimentatrici come Éliane Radigue e Suzanne Ciani, ed è in questa costellazione di artiste che ora appaiono Bono e Burattini, non solo per la scelta strumentale – tutto fatto con il synth Juno 60 e batteria – o per una componente “archivistica”, con il recupero di suggestioni da Sovrapposizione di immagini di Daniela Casa. È perché nonostante questo retaggio sperimentale/matrilineare riescono a fare la cosa loro, arrivando alle vette cosmiche di La trama del desiderio. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati