Per ragioni biografiche, da piccola non sono stata esposta alla musica per bambini e non ho formato la mia esperienza del linguaggio e del suono attraverso filastrocche o ritmi allegri coerenti con la routine dell’infanzia (forse mi è andata meglio rispetto all’amica che veniva messa a dormire con Auschwitz di Guccini). È anche per questo che ho ascoltato con curiosità Le canzonine, il disco solista del mago polistrumentista Enrico Gabrielli, che ha composto e arrangiato 18 brani dedicati ai figli durante la pandemia.

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Nate in quella zona incantata ed estenuante tra l’accudimento e l’intrattenimento creativo, le canzoni, accompagnate dal Piccolo Coro Angelico di Bologna diretto da Giovanna Giovannini, sono state affidate ad altri padri del cantautorato contemporaneo come Alessandro Fiori, Francesco Bianconi e Andrea Laszlo De Simone, per un effetto complessivo che sta tra il pensoso dell’adattamento italiano di Berceuse pour rêver della cantautrice femminista francese Anne Sylvestre (ebbe un impazzimento d’amore per la figlia felicemente rovesciato nella sua vita artistica) e il western di Il cavallino con Bianconi, con quei motivetti da assalto alla diligenza che Gabrielli conosce bene. Se dovessi segnalare una canzone in particolare, consiglierei La stessa città con Alessandro Fiori (“Io vengo di lì tu vieni di là da una stessa città, io sono così tu sei un po’ cosà ma è la stessa città”) per il modo ironico e intelligente di riassumere il concetto di città, prima che il caro affitti la renda un’esperienza mitologica proprio per le generazioni future. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1506 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati