Profondo blu
“La parte che ricordo: l’azzurro del cielo dipende dall’oscurità dello spazio vuoto dietro di esso. Come spiega una rivista di ottica: ‘L’atmosfera di qualsiasi pianeta, posta sullo sfondo di uno spazio nero e illuminata da una stella simile al sole, sarebbe di colore azzurro’. In tal caso l’azzurro è un’estatica fatalità prodotta dal vuoto e dal fuoco”. È uno dei frammenti che ricordo meglio di Bluets di Maggie Nelson (nottetempo 2023, traduzione di A. Castellazzi), una serie di meditazioni sul colore azzurro che nel tempo sono diventate il tipico esempio di stile ibrido citato dalle matricole di scrittura creativa sui vagoni della metropolitana a tarda notte. E, anche se il nuovo disco di R.Y.F. (Francesca Morello) si chiama Deep dark blue, ripenso al frammento di Nelson, perché questo album, uscito per Bronson Recordings, mi riporta alle conversazioni notturne, alle spoglie di una giovinezza dismesse pian piano e a una notte che può farsi ancora festa.
Si parla molto di acqua in relazione a Deep dark blue, ma a mio avviso la scrittura e i suoni di Morello qui devono qualcosa al vuoto e al fuoco: un vuoto politico o esistenziale in cui i suoi anthem elettronici sono pezzi di legno messi a bruciare, per riscaldare e trasformare la materia, far ballare. In uno spazio produttivo fatto di featuring che sembrano liste della spesa, le collaborazioni con figure diversissime come Skin e Moor Mother sono riuscite e sentite. Ma è in brani di abbagliante dolore come December 25th che Morello dimostra come oggi, in Italia, un’artista come lei si sta muovendo estaticamente libera e sola. ◆