Basato su un racconto di Haruki Murakami e su scampoli di altri testi dello scrittore giapponese, ma anche su lampi di teatro russo e penetranti idee originali, il film di Ryusuke Hamaguchi (premiato per la sceneggiatura a Cannes) ha l’ampiezza, la profusione e la profondità di campo di un grande romanzo. Al centro di tutto le tante sfaccettature di Kafuku, regista e attore di Tokyo, invitato da un festival a mettere in scena una sua versione di Zio Vanja, in cui gli attori hanno origini differenti e recitano ognuno nella sua lingua. Si tratta di un’idea, magnifica come le tante scene di casting che ne derivano, che Hamaguchi aveva pensato per un progetto da realizzare in Francia, rinviato per la pandemia. Il racconto si snoda tra gli incontri e il via vai di Kafuku, prima alla guida, poi relegato nel posto del passeggero della sua bella automobile rossa, componendo una cartografia scientifica e delicata dei sentimenti e dei drammi. Julien Gester, Libération
Giappone 2021, 179’. In sala
Stati Uniti / Canada 2021, 155’. In sala
Denis Villeneuve è riuscito dove altri hanno fallito. Il Dune del regista canadese è tentacolare, spettacolare e politicamente impegnato nella sua critica al colonialismo e allo sfruttamento delle risorse naturali. Va bene, tecnicamente non ha un finale (è la prima parte di una serie, e la seconda potrebbe non essere realizzata) e non tutti hanno la pazienza richiesta dall’autore. Ma chi ce l’ha sarà ripagato con una narrazione precisa, fuochi d’artificio visivi e un buon livello di creazione di un universo finito. Phil De Semlyen, Time Out
Italia / Spagna 2021, 133’. In sala
“Non mi sono mai piaciuti gli attori che si divertono più fuori del palco che sul palco”, dice il grande capocomico napoletano Eduardo Scarpetta, interpretato da Toni Servillo, in Qui rido io. Se Scarpetta l’avesse pensata veramente così avrebbe approvato senz’altro la grande, sfacciata e sgargiante biografia che gli ha dedicato Mario Martone. Tutti i personaggi infatti sembrano divertirsi molto trasferendo sullo schermo la sconfinata energia di una navigata compagnia teatrale finalmente piazzata sotto i grandi riflettori. E Qui rido io rimane fedele, senza compromessi, al suo concetto di base. Cioè che Scarpetta nella sua vita privata fosse disinibito ed espressivo come sulla scena. E quindi anche sullo schermo. Guy Lodge, Variety
Regno Unito 2020, 93’. In sala
Sam (Colin Firth) e Tusker (Stanley Tucci) sono in viaggio verso un concerto che interromperà la lunga assenza di Sam, pianista classico, dalle scene. A Tusker è stata diagnosticata una demenza precoce e sa che presto, guardando il volto di Sam, non riconoscerà l’uomo che ha amato per vent’anni. La coppia cerca di andare avanti come sempre, ma niente è più come prima. Notevole la delicatezza con cui Colin Firth e Stanley Tucci ci guidano in un labirinto emotivo che sembra un umile riflesso di quello che tante famiglie toccate dalla demenza o dalla malattia terminale sono costrette ad affrontare. Clarisse Loughrey, Independent
Italia 2021, 119’. In sala
Tre piani
Nanni Moretti torna a Cannes con una soap opera corale, godibile e ben strutturata, su quattro famiglie che vivono nello stesso condominio. Il film è un adattamento del popolare romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo, Tre piani (Neri Pozza 2017), trapiantato da Tel Aviv a Roma. C’è un elemento di emolliente sentimentalismo, specialmente nel modo in cui le trame sono legate, ma anche una buona dose di gusto narrativo e d’ingegnosità. E ci sono echi (forse deliberatamente costruiti) della Stanza del figlio, film con cui Moretti vinse la Palma d’oro nel 2001. In qualche modo Tre piani non è troppo diverso da certi drammi di Woody Allen, realizzati con forza e convinzione ma senza andare troppo in profondità. Peter Bradshaw, The Guardian
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