Il secondo lungometraggio di Kira Kovalenko (premiata a Cannes nella sezione Un certain regard) conferma la fertilità della scuola di cinema creata da Aleksandr Sokurov a Nalčik, sua città natale nel Caucaso. Ada ha molti punti in comune con Tesnota di Kantemir Balagov, altro fuoriclasse cresciuto alla corte di Sokurov. Come il film di Balagov, è prima di tutto un luogo: una piccola città mineraria nell’Ossezia del nord, in Russia, un non luogo dove non succede niente eppure succede tutto. Ada (Milana Aguzarova) vive con il padre e il fratello. Un altro fratello che si è trasferito a Rostov si riunisce a loro. Il percorso polveroso e insignificante che Ada compie per andare al lavoro (in un negozio) materializza il soggetto del film: il desiderio della ragazza di fuggire, frenato dalla sua indecisione e dalla sua confusione. Il film sembra costruito nel segno della malattia: la protagonista soffre dello stesso male oscuro che ha colpito la madre e che sembra prima di tutto una sofferenza interiore. Senza punti di riferimento psicologici, i rapporti tra i componenti della famiglia si esprimono in una messa in scena molto fisica e tesa, concentrata sui corpi (altro punto in comune con Tesnota). E poi Ada lascia immaginare che il male abbia anche radici politiche e non si può non pensare al massacro di Beslan. Così la fragilità della ragazza diventa l’espressione dei rapporti avvelenati tra alcuni popoli del Caucaso e il potere di Mosca.
Ariel Schweitzer, Cahiers du cinéma
Russia 2021, 97’. In sala
Stati Uniti 2022, 105’. In sala
Con X si torna, in modo intelligente e intenso, a tempi meno innocenti, quando i film potevano essere spinti, poco raccomandabili e poco riconoscibili. Due tipologie di film in particolare: quelli zozzi e quelli dell’orrore. Ambientato nel 1979, prima che internet rendesse onnipresente la pornografia e prima che si cominciasse a pontificare sull’horror “elevato”, X sembra voler insistere sul fatto che la carne e il sangue di quelle pellicole siano letteralmente carne e sangue. Tre attori (due donne e un uomo), un regista, una tuttofare e un presunto produttore arrivano in una remota fattoria dove hanno affittato un annesso per realizzare un porno. Il proprietario è un decrepito e inquietante contadino che chiede un po’ di discrezione alla troupe, per non disturbare la moglie, reclusa nella casa principale. Trattandosi di un horror non è uno spoiler dire che molti dei personaggi non sopravviveranno. Asce, forconi e fucili sono sempre a portata di mano e, per non farsi mancare nulla, c’è anche un alligatore nello stagno vicino. Ti West non ha problemi a rendere il tutto ancora più sinistro con tagli e cambi d’inquadratura. La sequenza delle uccisioni, i motivi del massacro e l’identità del sopravvissuto forse non risponderanno alle aspettative. In particolare il vecchio circuito che collega l’horror e la sessualità femminile è stato sostituito con uno più moderno e X finisce in un territorio nuovo e interessante, scoprendo una chiave femminista nella tradizione horror, che forse è stata sempre a portata di mano. La dimensione meta si traduce in un’ode al cinema indipendente e alcuni aspetti dell’ambientazione sono dei regali inattesi. Un po’ come tutto il film.
A.O. Scott, The New York Times
Regno Unito 2021, 117’. In sala
C’è un’atmosfera inebriante nell’ultimo e più spettacolare film del regista-sceneggiatore irlandese John Michael McDonagh (tratto dal romanzo di Lawrence Osborne), una squilibrata miscela di thriller e commedia nera. David (Ralph Fiennes), alcolista insofferente e insopportabile, e la moglie Jo (Jessica Chastain) non si sopportano più. Viaggiano attraverso il deserto del Marocco per raggiungere la festa opulenta di un’eccentrica coppia gay. David investe e uccide un ragazzo del posto. Era buio, ma David aveva bevuto e non è esente da colpe. Un altro film si sarebbe preoccupato del dilemma se denunciare o no il fatto. The forgiven invece si muove velocemente in un’altra direzione. Il film è strano, squilibrato, per molti versi frustrante. Non equivale alla somma delle sue parti. Eppure è curiosamente avvincente e convincente. Jessica Chastain, spesso relegata a ruoli inadatti al suo talento, qui fa fuoco e fiamme.
Benjamin Lee, The Guardian
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