Lo scrittore ispano-argentino Andrés Neuman è diventato padre da poco, e ne parla in Ombelicale. Avere un figlio cambia la vita. Ci fa uscire da noi stessi perché ci costringe a cambiare lo sguardo, prima rivolto al nostro ombelico, e fa emergere sentimenti che non sapevamo di avere. A metà strada tra poesia e narrativa, e scritto con una vena lirica, Neuman cerca di porre il padre – se stesso – come soggetto che osserva la realtà della gravidanza, della nascita e della successiva trasformazione, facendola propria per spiegarla. Il romanzo è composto da tre parti. Nella prima l’autore si colloca nello spazio dell’attesa, quando il nascituro assomiglia a “un ippocampo, un astronauta o un impossibile ibrido tra i due”. O forse a un elettrone oppure a un “nuotatore pioniere”. Assistiamo quindi al fascino delle ecografie, alla scelta del nome, alla rivelazione di sentimenti contrastanti: la gioia dell’attesa e la paura di rivivere il passato attraverso il bambino. Nella seconda parte risuona l’apoteosi della nascita: la sorpresa per la perfezione, la realtà che cambia, le incertezze, la mancanza di sonno, l’alterità, la luce che si crea quando la madre allatta il bambino, i dubbi prima del pianto, la deliziosa nostalgia per il futuro, la sensazione di pienezza, il tempo fermato e quello che sfugge, la chiarezza del riso, la fragilità del vivere, l’enigma con cui il bambino illumina il padre; le paure. L’ultima parte si presenta come un “monologo minimo”. Un bellissimo libro ibrido.
Ascensión Rivas,El Español
La città della vittoria è molte cose: un’epopea storica indiana, una favola lunga secoli, una meditazione sulla natura autodistruttiva del potere. Ma forse, più di ogni altra cosa, è una storia sull’immortalità delle storie. Il romanzo si apre nell’India meridionale del trecento e copre quasi tutti i 247 anni di vita del suo personaggio centrale. Pampa Kampana, che prende il nome dalla dea Pampa e ne è presto posseduta, è solo una bambina quando, dopo una sanguinosa battaglia in cui il suo popolo è sopraffatto, vede la madre gettarsi su una pira ardente, parte di un suicidio collettivo. Diventa presto una sorta di profeta, concedendo a due uomini che entrano nella sua orbita un sacchetto di semi e la consapevolezza di poter coltivare una nuova città e i suoi abitanti, come se fossero piante. Da questo incontro nasce la città e poi l’impero di Bisnaga. Per tutta la durata del romanzo, la vita e la morte della donna e dell’impero sono raccontate da un narratore che, secoli dopo, trova un poema epico che descrive questi eventi. È una premessa meno contorta di quanto sembra. Rushdie scommette sul potere di assuefazione che deriva dal condurre il lettore attraverso la vita secolare di un luogo e di una persona, e la scommessa paga. C’è un’epopea storica molto ben scritta; c’è una mitologia di ampio respiro; ci sono arguzia e occasionali strizzate d’occhio ad alcuni temi, tra cui l’islam, molto discussi. Ma a volte non c’è abbastanza spazio per far convivere pacificamente tutti questi elementi.
Omar El Akkad, Globe and Mail
I limiti della menzogna nell’era della post-verità sono al centro di Pioggia sottile. È necessario mentire? Tutti mentiamo prima o poi? Mentiamo solo per piacere? Luis Landero ci mostra le sfumature dell’inganno. “Ora sapete con certezza che le storie non sono innocenti, non del tutto innocenti. Forse non lo sono nemmeno le conversazioni di tutti i giorni, la disattenzione verbale e l’equivoco, o il parlare per il gusto di parlare. Forse anche ciò che si dice nei sogni non è del tutto innocente”. Queste sono le prime righe di Pioggia sottile, che già qui accenna a ciò che tratterà La suggestione piuttosto che il racconto; le mezze parole, il commento con punti di sospensione. In occasione dell’ottantesimo compleanno della madre, Gabriel, uno dei tre figli, chiama le due sorelle per festeggiare. Ciò che la madre (una donna di carattere, con una crocchia stretta, parsimoniosa e con la paura di sorridere perché porta sfortuna) ha fatto o non ha fatto è fondamentale. Man mano che la commedia procede, vecchi rancori tornano a galla, le parole che sono state dette tanto tempo prima e non sono state dimenticate tornano alla ribalta. Il libro di Landero è uno di quelli che ti abbraccia. Ci si sente a proprio agio tra le sue pagine.
Manuel Llorente, El Mundo
L’accattivante esordio di Stacey Swann si svolge a Olympus, nel Texas, una minuscola città a est di Houston. La maggior parte dei protagonisti del romanzo è lì per via di Peter Briscoe, un magnate immobiliare locale. Quando il romanzo si apre, il secondo figlio di Peter, March, è tornato dopo un esilio autoimposto di due anni e mezzo, penitenza per essere andato a letto con la moglie del fratello, Vera. Anche un altro figlio, Arlo, è appena arrivato; è rientrato dal suo tour di musica country per scoprire che la sorella gemella, Artie (sì, i loro nomi simili creano confusione), si è innamorata di un uomo la cui madre incolpa ancora Peter per la perdita della fattoria di famiglia avvenuta decenni prima. Artie e Arlo sono il frutto di una relazione che Peter ha avuto prima della nascita di March (non era stata la prima relazione di Peter). Arlo dice ad Artie: “Non ci sono segreti nell’Olimpo”, eppure nella famiglia Briscoe c’è un eccesso di ferite sepolte e delusioni non dette. Può essere difficile per questi personaggi rendersi conto dei loro difetti e dei loro desideri, ma per noi è sicuramente piacevole leggerne.
Edan Lepucki, The New York Times
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