Dal 2017 al 2022 il fotografo Alessandro Cinque ha viaggiato per diecimila chilometri in tredici regioni del Perù che oggi sono in gran parte attraversate dalle proteste contro la presidente. Voleva documentare le conseguenze dell’industria mineraria nel paese: “La geografia del Perù è definita dalle sue miniere”, dice Cinque. “È il secondo produttore mondiale di rame e argento, e uno dei principali di oro”. Nel reportage intitolato Peru, a toxic state, Cinque si è concentrato sulla vita dei popoli di lingua quechua che vivono soprattutto sulle Ande. “Sono tra le comunità più povere del paese e sono sfruttate dalle multinazionali minerarie”, spiega il fotografo. Nel 2011, per esempio, l’azienda anglosvizzera Glencore si è stabilita a Espinar, nella regione di Cusco. Lo stato le ha concesso più del 40 per cento del territorio per l’estrazione dei metalli. “Le popolazioni native erano impiegate nelle miniere già nel cinquecento dagli spagnoli. Prima a Huancavelica, poi a Cerro de Pasco, dove la miniera era talmente grande che la fossa quasi inghiottì la città”, racconta Cinque. Oggi l’estrazione dei metalli minaccia anche le fonti d’acqua, provocando danni all’agricoltura e all’allevamento, e peggiorando le condizioni di vita di agricoltori e allevatori già impoveriti. Inoltre, secondo alcuni studi di ricercatori italiani, nel sangue delle persone che vivono intorno alle miniere o ci lavorano sono state trovate tracce di metalli che possono causare malattie respiratorie e malformazioni congenite. “Il Perù potrà anche essere un paese con un sottosuolo ricco, ma le comunità native sono ancora poverissime”, conclude Cinque. ◆
Alessandro Cinque è un fotografo italiano che vive a Lima, in Perù.
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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati