Cultura Suoni
New blue sun
André 3000 (Kai Regan)

Lo statunitense André 3000 è considerato uno dei migliori rapper di tutti i tempi, ma spesso non si sottolinea abbastanza la sua passione per l’assurdo. Nella sua ex band, gli OutKast, la presenza costante del partner Big Boi spesso aveva tenuto il gruppo nei binari del rap quando i giochi di parole di André viravano verso la psichedelia. Dopo essersi avventurati verso percorsi individuali nel rivoluzionario Speakerboxxx/The love below del 2003, Big Boi si limitò principalmente al funk e ai pezzi rap, mentre André andò completamente fuori dai binari, abbracciando pop, swing, jazz, elettronica e qualsiasi altra cosa gli andasse bene.

New blue sun è il primo album solista ufficiale del rapper e non contiene brani rap né, in generale, pezzi cantati. Pubblicare una raccolta di quasi novanta minuti di jam ambient di flauto è una delle cose più da André 3000 che André 3000 potesse fare. Se si riesce ad andare oltre la premessa e a sintonizzarsi su New blue sun come un album di suoni terapeutici, è piacevole e talvolta perfino sublime. Il pezzo di apertura I swear, I really wanted to make a “rap” album but this is literally the way the wind blew me this time è tra i pezzi più strutturati, e si muove dentro increspature simili al maestoso Promises di Pharoah Sanders e Floating Points. Dreams once buried beneath the dungeon floor slowly sprout into undying gardens è una delle escursioni più sfocate dell’album, ma anche una delle sue migliori. New blue sun probabilmente non è il debutto solista di André 3000 che si aspettavano i fan degli OutKast, ma porta avanti il suo viaggio creativo in un modo bizzarro e bellissimo.
Fred Thomas, Allmusic

Quarter life crisis
Baby Queen (Nicole Ngai)

La star anarchica dell’alt-pop torna con un secondo disco perfetto per un’altra colonna sonora di Heartstopper. In Quarter life crisis Baby Queen è introspettiva e autoironica. Con quel carico di sintetizzatori, We can be anything è un pezzo definitivo per suggellare il suo stile. L’album attinge anche alle ultime tendenze dell’hyperpop, con un gusto massimalista per i beat e le voci distorte. Andando avanti, però, le canzoni si fanno più mature e lasciano spazio al desiderio, al dolore e alla riflessione. Grow up rappresenta bene questo passaggio e anche una profondità assicurata dall’aggiunta di dettagli autobiografici, seguendo l’esempio del suo idolo Taylor Swift. In generale, questo lavoro calza perfettamente al suono a cui siamo stati abituati, nonostante qualche cliché deludente in un paio di pezzi. La verità è che Quarter life crisis funziona soprattutto nei momenti più calmi, mostrando una crescita della musicista sudafricana.
Lauren Hague, Clash

Con il suo timbro brillante e ricco di vibrato, la violinista spagnola María Dueñas, che ha vent’anni, ci regala un personalissimo concerto di Bee­thoven. Registrato dal vivo al Musikverein di Vienna, è una lettura romantica in tutti i sensi, abilmente temperata dal supporto orchestrale nitido e nobile di Manfred Honeck. Il risultato probabilmente non piacerà molto a chi preferisce interpretazioni più vivaci, ma è sempre finemente equilibrato. Dueñas è anche una compositrice e ci offre le cadenze scritte da lei, audaci e languidamente romantiche. Nell’album ci sono anche altre cinque cadenze del primo movimento scritte da compositori del passato, oltre a dei brevi pezzi scritti da loro, tutti splendidi grazie al virtuosismo impulsivo della violinista. Peccato che il cd non sia stato realizzato in modo da permetterci di programmare cadenze diverse, cosa che ci farebbe apprezzare il loro rapporto con il concerto. Comunque, questo è un debutto su disco straordinario.
Charlotte Gardner, The Strad

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1539 - 24 novembre 2023

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