Questa novella di Claire Keegan si svolge nel corso di un’estate che una ragazzina trascorre lontano dai genitori, in parte, presumiamo, perché la madre incinta ha troppe bocche da sfamare. La struttura della storia è cristallina. Nella seconda parte c’è una rottura netta e stridente – un vicino ficcanaso, un’inevitabile rivelazione, un seguito incerto – con un epilogo devastante e straziante. Questo non vuol dire che Un’estate sia prevedibile. C’è qualcosa di straordinario nella capacità che ha Keegan di far sentire uniche le vicende più antiche e comuni. La narratrice, una bambina ma senza età, saggia e pratica, è lasciata dal padre a casa di parenti che sembra non conoscere affatto. “L’ultima volta che ti ho vista eri nella carrozzina”, dice la donna. C’è un mistero in questi parenti: i vestiti di un bambino nell’armadio, una cupezza e una certa reticenza. Nel corso di alcune settimane, la ragazzina osserva un modo diverso di stare in una casa, in una famiglia, in una vita. È accudita, lavata, portata fuori a comprare vestiti, aiutata, ascoltata veramente. L’uomo, John Kinsella – che lei chiama solo Kinsella – la allena a correre. “Quando questa estate finirà”, le promette, “sarai come una renna”. Un’estate è una storia piccola, ma non è minimalista. Il mondo di Keegan è ricco, e pieno di dettagli delicati, e la sua ambizione è grande: racchiudere in poche pagine il dolore di vivere, il lampo di vedere finalmente ciò che non abbiamo, il lutto per tutto ciò che non saremo mai.
Lynn Steger Strong, Los Angeles Times
C’è della musica in questo libro brillante e scomodo. Per la maggior parte del tempo, però, è soffocata da altri suoni, non ultimo quello della voce narrante e sofferta di Jackson Clackton. Jaxie è un adolescente a rischio. Suo padre, Sid, è un alcolizzato violento, macellaio a Monkton, una piccola città dell’Australia occidentale. È un pericolo per se stesso e per tutti quelli che incontravano la sua rabbia omicida. Ma la fortuna interviene: Jaxie torna a casa e scopre che Sid è morto schiacciato dalla sua auto di lusso mentre la stava riparando. Jaxie prende alcune provviste, tra cui un binocolo che diventerà fondamentale nella storia, e si dirige verso l’arido orizzonte. Il timore è che non abbia altra scelta se non quella di emulare il caos distruttivo di suo padre. Invece incontrerà il misterioso Fintan MacGillis, vecchio, basso e grasso. Il romanzo diventa la storia di questi due uomini: uno che ha trovato una sorta di pace, l’altro che la cerca disperatamente. Il ritratto di Fintan è straordinario. Da otto anni vive in un capanno di pastori abbandonato accanto a un lago prosciugato; qualcuno gli porta delle provviste a Natale e a Pasqua. È un sacerdote, e non è chiaro perché sia stato costretto a una così profonda solitudine. Jaxie impiega molto tempo per fidarsi di Fintan ma, man mano che lo fa, si libera della corazza che la vita gli ha messo addosso. La spiritualità di Winton scava nell’animo umano al di là delle etichette.
Michael McGirr, Sydney Morning Herald
Fino a non molto tempo fa gli spalti in fondo agli stadi di calcio spagnoli offrivano un palcoscenico a tantissime persone con un profondo e costante interesse per la violenza, fisica o verbale. C’erano svastiche dappertutto e cori razzisti o anche omofobi erano scanditi in continuazione. Qualcosa che non aveva nulla a che fare con il calcio. Si trattava di violenza per il gusto della violenza, di odio per il gusto dell’odio. Erano – e lo sono ancora oggi – lo sfogo per traumi risalenti all’infanzia o all’adolescenza e che si traducevano in un odio apparentemente irrazionale. Il segreto di Amador di Kiko Amat parte da questo odio atavico e costruisce una storia di personaggi distrutti che, senza saperlo, cercano una riparazione. Qualunque essa sia. Attraverso la violenza o attraverso l’amore. Amador fa parte di un gruppo di ultrà del Barcellona e si dedica a estorsioni, spaccio di droga e pestaggi. Nasconde la sua omosessualità. César, che giocava a rugby, si dedica a uccidere pedofili o pirati della strada. Vedranno le loro vite intersecarsi in modo imprevisto per due persone che cercavano solo vendetta. Un libro pieno di violenza e di odio contro tutto e tutti. Una vendetta contro la vita.
Pedro Zuazua, El País
Nel 1993 Clara Vogel, una donna di mezza età, è alla ricerca dell’identità di suo padre. La madre prima di morire ha parlato poco delle sue vicende nella Germania del tempo di guerra, ma ha lasciato un indizio: un raro vichingo di porcellana. Negli anni venti, Bettina Vogel è un’artista nella Germania di Weimar quando incontra lo studente austriaco ebreo Max Ehrlich. I due costruiscono una vita insieme mentre i nazisti salgono al potere. Quando fallisce il tentativo di fuggire dalla Germania la coppia finisce per separarsi. Max viene deportato a Dachau e alla fine lo mandano alla fabbrica di porcellana Allach, situata nel campo di concentramento, per lavorare come scultore. Bettina invece sposa frettolosamente un ufficiale nazista che incoraggia il suo interesse per l’arte a patto che mantenga il suo lavoro socialmente accettabile. Ma un’inaspettata riunione con Max porta a una collaborazione che cambia il loro futuro. Grazie a una trama ben studiata, a personaggi coinvolgenti e a colpi di scena, il debutto di Sarah Freethy è sia una storia d’amore sia una testimonianza della capacità dell’arte di smascherare il potere.
Nanette Donohue, Booklist
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