È vero che è solo la fine di gennaio, ma è difficile immaginare che nell’arco dell’anno riusciremo a vedere un film più divertente, più osceno o più stravagante dell’ultima pellicola di Yorgos Lanthimos, la seconda in cui ha collaborato con Emma Stone. Descrivere Povere creature!, adattamento di Tony McNamara (La favorita) del romanzo di Alasdair Gray, come creativo e disinibito non rende giustizia alla corsa sfrenata in cui ci conduce questa invenzione esplosiva. Povere creature! segue il viaggio che trasforma Bella Baxter (Emma Stone) nella self-made woman per eccellenza. Come molte cose all’interno del film, l’ambientazione è indefinibile. La storia si svolge in un passato parallelo, un’epoca vittoriana intrisa di steampunk, un mondo distorto (anche letteralmente, attraverso le inquadrature) dalle disparità di potere della società patriarcale. Senza scendere nei dettagli, il film è una versione sovversiva di Frankenstein di Mary Shelley, con il ruolo di creatore e tutore di Bella assunto dal genio non ortodosso del dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe). Soprannominato God da Bella, Godwin porta cicatrici grottesche sul viso e sul corpo, risultato di un’infanzia in cui era oggetto della folle curiosità scientifica di suo padre. Il dottore assume l’entusiasta studente Max (Ramy Youssef) per registrare i progressi della sua creatura. Ma la fame di conoscenza di Bella è troppo vorace per essere contenuta nelle mura della ricca residenza di Godwin. Cogliendo l’opportunità che le offre l’ignobile avvocato Wedderburn (un Mark Ruffalo meravigliosamente gigione), Bella si avventura per le strade di Londra, poi a Lisbona, quindi sul piroscafo Alexandria e infine in un bordello parigino. La collaborazione tra Lanthimos e Stone è qualcosa di alchemico. Due talenti, che già singolarmente amano il rischio, insieme sembrano in grado di scatenare un livello extra di audacia artistica. E questo è più che mai evidente nella fisicità dell’interpretazione di Emma Stone, non solo per la nudità e le scene di sesso, che non mancano. L’uso virtuoso che l’attrice fa del suo corpo è un elemento cruciale dell’esperienza.
Wendy Ide, The Guardian
Irlanda / Regno Unito / Stati Uniti 2023, 141’. In sala
Stati Uniti 2023, 103’. In sala
La zoppicante commedia romantica Tutti tranne te ha diversi punti a favore: le stelle in ascesa Sydney Sweeney e Glen Powell, una lussuosa ambientazione australiana e più sorrisi smaglianti e addominali scolpiti di un numero di Sport Illustrated dedicato ai costumi da bagno. La trama ruota intorno a un meccanismo classico: i nemici giurati Bea (Sweeney) e Ben (Powell), invitati a un matrimonio, fingono di essere innamorati in modo che famiglie e amici smettano di provare a convincerli che sono fatti l’una per l’altro. È una larghissima rielaborazione di Troppo rumore per nulla, presumibilmente il primo adattamento shakespeariano in cui un cane fa yoga e di sicuro il primo in cui un uomo fa una serenata a un koala. In ogni caso il film, diretto da Will Gluck, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Ilana Wolpert, è assemblato in modo così goffo che la nostra attenzione si allontana dai protagonisti per essere catturata dai sontuosi buffet sullo sfondo.
Amy Nicholson, The New York Times
Regno Unito / Emirati Arabi Uniti 2021, 86’. In sala
In questo faticoso road movie, il pensionato malato Tom Harper (un Timothy Spall particolarmente strascicato e farfugliante) viaggia dalla sua casa in un remoto villaggio scozzese alla punta della Cornovaglia per spargere le ceneri della moglie morta. I flashback sui primi giorni del loro matrimonio, nei lontani anni cinquanta, aggiungono un po’ di contesto alla vicenda ma rallentano un ritmo già al limite. Soprattutto, il viaggio sembra una scusa per dipingere, attraverso Tom, un bel ritratto cosmopolita del Regno Unito. L’atteggiamento del protagonista, infatti, è meno provinciale di quanto potrebbero far supporre le sue origini. Per esempio fraternizza con un gruppo di allegri ucraini, anche se alla fine non è abbastanza audace da provare i loro pierogi.
Simran Hans, The Observer
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