Nella traccia di apertura del suo nuovo disco solista Adrianne Lenker, la leader dei Big Thief, rievoca ricordi dell’infanzia belli e terrificanti. Ma, scavando un po’ più a fondo sotto la superficie, Real house funziona come una sorta d’introduzione all’album, contestualizzando la sua creazione all’interno di un ambiente specifico: “Ci siamo trasferiti in una vera casa con un campo selvaggio dietro / Volevo diventare un’inventrice / raccogliere scarti per creare un portale/ volevo così tanto che la magia fosse reale”. Registrato in uno studio appartato nel bosco, Bright future risulta straordinariamente naturale e trasmette un senso bucolico di quiete e serenità. Lenker è accompagnata da chitarra acustica, pianoforte, violino e pochi altri strumenti. Usando un approccio analogico, l’album crepita e sibila con tutte le calde imperfezioni tipiche di una registrazione in presa diretta. I primi suoni del secondo brano, Sadness as a gift, sono delle piccole pennate di chitarra e lo scricchiolio di una sedia, mentre Already lost si apre con il suono di un nastro. La produzione essenziale dell’album è così coerente che piccoli dettagli diventano aspetti fondamentali. Dal punto di vista dei testi Lenker si accorda all’approccio sonoro dell’album, esplorando il potere dei momenti intimi della vita. Free treasure è un diario di nostalgia estiva, dove la cantante ricorda un pasto cucinato in casa e un “amore senza limiti” dopo una lunga giornata. In Bright future Lenker si fida completamente del suo talento, integrato da scelte di produzione che non distraggono da un emozionante modo di scrivere.
Nick Seip, Slant
Bolis Pupul è cresciuto a Ghent, con un padre belga e una madre cinese. La Yu nel titolo del suo debutto è proprio lei. Il musicista ha dichiarato che l’interesse per le sue origini è arrivato solo quando lei è morta nel 2008. Ha studiato il cinese, è stato a Hong Kong e in questo disco ha creato collage che fondono oriente e occidente. Il risultato è commovente – in fondo è una lettera alla madre – senza essere stucchevole. Ascoltare Letter to Yu è come annusare uno strano bouquet in cui ogni fiore ha un’identità tutta sua, nata da questa sintesi culturale. Il disco è pieno di voci diverse, quella dello stesso Popul e altre prese dalle registrazioni sul campo che catturano i rumori di luoghi e momenti diversi. Questo procedimento sembra naturale, anche quando i suoni artificiali si fanno più pesanti. Altrove Pupul usa strutture ripetitive più lunghe per costruire un’aura di mistero. Tutto cresce e raggiunge una stasi prima di evaporare: è musica dance, in cui però niente resta perché sta arrivando qualcos’altro, questo è il punto. Tutto passa e tutto si muove.
Steve Horowitz, Pop Matters
È interessante osservare i primi lavori di César Franck (1822-1890) e valutarne il percorso. La sua sonata per pianoforte, composta quando aveva tredici anni, è un’incantevole curiosità. È decisamente sbilanciata, con un lungo primo movimento seguìto da due brevi, ma il larghetto iniziale sembra un preludio d’opera, un po’ come quello della Lucia di Lammermoor, e ci ricorda quanto all’epoca il piano e il palcoscenico fossero vicini. Nel Grand caprice (1843) Franck si accosta all’esecuzione trascendentale sulle orme di Franz Liszt, e Ingmar Lazar dà prova di uno stile impeccabile, tecnicamente sicurissimo ma sempre sobrio. Nei due grandi trittici, che sono tra i massimi risultati dell’opera di Franck, il giovane pianista francese riesce a controllare le grandi forme e costruire architetture solide, dimostrando al tempo stesso fantasia e immaginazione, cosa che gli permette di evitare un tono accademico o un eccesso di rigore. Questo è un disco importante, e segna un nuovo punto alto nella carriera di Lazar.
Jacques Bonnaure, Classica
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