Nell’aprile del 1975 l’ormai famigerato governo dei Khmer rossi, chiamato in questo ambizioso primo romanzo l’Organizzazione, costringe i residenti delle aree urbane a migrare in massa verso le province rurali. Raami, sette anni, e la sua famiglia allargata di stirpe reale, come il resto della classe intellettuale e della borghesia cambogiana, partono da Phnom Penh, abbandonando le loro case, le loro professioni e, quando possibile, anche le loro identità privilegiate, diventate improvvisamente pericolose. Anche se racconta cose tristi, All’ombra del baniano riesce a legare la crudeltà e la violenza alla bellezza lussureggiante delle campagne. I capitoli sono animati dalle poesie che il padre di Raami scrive e recita, e da miti e racconti popolari che vivono nella memoria della bambina. Insieme ad altri, la famiglia è trasferita in una scuola abbandonata e convive in modo relativamente pacifico con l’Organizzazione, fino a quando il padre di Raami è costretto a rivelare il suo nome aristocratico e a costituirsi. Il resto della famiglia deve trasferirsi di nuovo. Per Raami, i veri terrori cominciano con la perdita del padre, e vivendo nel villaggio di Stung Khae capisce che l’Organizzazione sta diventando ancora più potente e paranoica. L’ampiezza storica e lo slancio narrativo sono i maggiori punti di forza del romanzo. Vaddey Ratner segue il regno dei Khmer rossi fino al suo tramonto, narrando le molteplici tragedie attraverso le esperienze di Raami con i bambini soldato, la morte, la carestia e i matrimoni di massa con i rivoluzionari. All’ombra del baniano lascia la sensazione profonda di essere stati testimoni di una tragedia della storia.
Krys Lee, The Guardian
La scrittrice camerunese Djaïli Amadou Amal si è fatta conoscere con Le impazienti, un romanzo ispirato a fatti reali che mette a nudo la violenza proteiforme subita dalle donne nella regione del Sahel. Dal matrimonio forzato allo stupro coniugale, dalle molestie alla poligamia e alla violenza fisica, Amal non ha tralasciato nulla dagli abusi che anche lei ha in parte vissuto. Tutto comincia con un matrimonio forzato organizzato da due zii che, secondo la tradizione, hanno su di lei gli stessi diritti dei suoi genitori. “Se ti rifiuti, è perché non ami i tuoi”, le dicono. Il ricatto emotivo funziona: lei ama un altro uomo, ma quando ha solo 17 anni diventa la seconda moglie di una celebrità locale che ne ha 33 più di lei. Il matrimonio è un fallimento. Lui la ripudia. Lei si risposa, ma è un nuovo fallimento: il suo secondo marito è violento. Fugge nel sud del paese, a Yaoundé. Le persone che ha intorno non capiscono: passi per il primo marito, ma avrebbe potuto comportarsi meglio con il secondo, così ricco. La esortano a essere paziente, cioè non solo ad accettare il suo destino, ma soprattutto a non lamentarsi. “Ho risposto con un proverbio Fulani: ‘Scappare per salvarsi la pelle è una forma di coraggio’”. Clarisse Juompan-Yakam, Jeune Afrique
Mitzi Ives è una tecnica del suono che, seguendo le orme del padre, si è specializzata in urla devastanti e credibili. Gates Foster è un investigatore che passa le sue giornate tra siti pedopornografici alla ricerca di una traccia di sua figlia Lucinda, scomparsa da più di dieci anni. Tutto cambia per Mitzi quando registra un urlo così irresistibile che chiunque lo sente non può fare a meno di urlare in risposta. Tutto cambia per Foster quando persone sconosciute gli mandano il link della scena di un film slasher dove il grido terrorizzato di sua figlia doppia le grida di una star del cinema di serie b. L’investigatore comincia a mettere insieme la verità sull’ultimo giorno di sua figlia e sul tecnico del suono che ha registrato le sue ultime parole: il padre di Mitzi. L’invenzione del suono richiama il primo Palahniuk e ha anche qualche reminiscenza di Fight club. Non è altrettanto viscerale o violento, ma è pieno di scene scomode e sconvolgenti. È bello vedere un vecchio amico tornare al suo meglio. Ian Mond, Locus Mag