Cultura Suoni
Vince Staples
Vince Staples (Tyree Harris)

La musica di Vince Staples è focalizzata su un momento particolare della sua vita: l’adolescenza e la giovinezza a Long Beach, in California. In quattro album, il rapper di 28 anni della West Coast non è stato in grado di scrollarsi di dosso il suo passato, perseguitato dai fantasmi degli amici morti e dagli espedienti per sopravvivere, sia fisicamente sia emotivamente, che ha sviluppato vivendo in povertà. Il suo quarto album continua su questa linea, mentre Staples rappa a proposito del “cercare di coprire la violenza” in Take me home e fornisce indicazioni stradali per arrivare nel suo quartiere in Mhm. Staples è molto lontano dallo stereotipo del rapper: presumibilmente non beve né si droga, raramente nei suoi brani parla di cose materiali, e non sembra apprezzare molto la sua fama. Se c’è un piccolo cambiamento in Vince Staples, allora, è il fatto che sembri più a suo agio con la propria voce. A tratti, come nel brano Are you with that?, rappa in modo meno serrato, quasi gentile. La produzione, curata da Kenny Beats, è meno appariscente del solito e rallenta i bpm. Vince Staples è un’immersione nel microcosmo del rapper.

Charles Lyons-Burt, Slant

Mirror II

Gli australiani Goon Sax tornano con un album immerso in strati multidimensionali. Il tema del disco è l’immagine che ognuno ha di sé e cosa significhi riflettere come degli specchi le emozioni delle persone intorno a noi. Mirror II suona molto intimo e quando lo si ascolta è facile entrare in sintonia con la scrittura del trio di Brisbane, che ha vissuto insieme in una casa nel Queensland durante la lavorazione dell’album. I punti forti sono nelle diversità tra i componenti, che intelligentemente si sostengono a vicenda, lasciando a ognuno lo spazio per mostrare la propria personalità musicale. Ci sono canzoni a cui prestare particolare attenzione, come Psychic, costruita su una serie di sintetizzatori drammatici che donano al pezzo il fascino oscuro della dance pop anni ottanta. Sebbene le voci si conquistino un ruolo centrale nella maggior parte dei casi, uno dei momenti più notevoli è Bathwater, con i suoi riff garage. Capita di ascoltare anche tracce un po’ deboli come Temples. Ma questo disco è abbastanza forte da rendere felici i fan del gruppo e conquistare anche un nuovo pubblico.
Isabel Crabtree,
Loud and Quiet

The world within our bedrooms
Drug Store Romeos - Melanie Hyams
Drug Store Romeos (Melanie Hyams)

The world within our bedrooms (Il mondo dentro le nostre camere da letto) è un titolo adatto per questo album, visto che i Drug Store Romeos l’hanno scritto nelle loro camerette, in una dimenticata città dormitorio ai margini dell’autostrada. Il coinvolgente debutto di questa giovane band dello Hampshire è pieno di una passione tranquilla, soffusa del calore di una stanza da letto e del tenue rumore di fondo di un amplificatore appoggiato al cuscino. L’album è realizzato con vecchie tastiere Casio comprate per pochi soldi su eBay, di quelle prodotte più per le lezioni di musica a scuola che per gli espertoni di ­syn­th, che danno un suono nebuloso che aumenta il senso di sonnolenza della loro musica. Eppure, nonostante questa nebbiolina che sembra avvolgere tutto, qui c’è un ricco mondo di suoni da scoprire. La presenza vocale della cantante Sarah Downie accentua il fascino oppioide della band. Le parole delle canzoni sembrano tratte da giornaletti per adolescenti, riviste di tecnologia della fine degli anni novanta e altre fonti cartacee da quattro soldi, anche quelle recuperate su eBay. Il tutto dà un tono giocoso alla musica. The world within our bedrooms sembra un album di trent’anni fa. Oggi potrebbe essere un oggetto di culto.

James Balmont, Nme

Paul Hindemith aveva il progetto un po’ folle di scrivere delle sonate per gli strumenti dell’orchestra, che si vantava di saper suonare tutti. Il miracolo è che ci riuscì quasi, con una trentina di magnifiche sonate. Qui, riunita intorno al pianoforte di Éric Le Sage, l’élite dei musicisti a fiato francesi ci presenta le sonate dedicate ai loro strumenti tra il 1936 e il 1943. Sono pagine brevi (tra gli otto minuti del fagotto e i 16 del clarinetto) che mettono meravigliosamente in risalto i loro timbri caratteristici, passando dall’emozione al virtuosismo più estremo. Il risultato è una vera festa per le orecchie. Jean-Claude Hulot, Diapason

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1418 - 16 luglio 2021
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