Le guerre sono una successione di colpi di scena. L’inerzia può cambiare rapidamente, modificando l’equilibrio sul campo. Elementi intangibili come la leadership e la motivazione possono smentire le valutazioni dei più esperti analisti militari. Nel corso del tempo campagne militari che inizialmente sembravano promettenti possono impantanarsi, mentre gli errori si accumulano, le condizioni del terreno cambiano e l’avversario modifica le sue tattiche. La guerra in Ucraina è un esempio da manuale.
Durante i primi due mesi di conflitto l’esercito ucraino si è dimostrato formidabile, coraggioso e innovativo nella sua battaglia contro un avversario meglio equipaggiato e che, secondo quasi tutti gli esperti militari, avrebbe dovuto prevalere. All’indomani dell’invasione l’intelligence statunitense temeva che le forze russe avrebbero conquistato Kiev nel giro di pochi giorni. È probabile che Vladimir Putin si aspettasse un’operazione rapida e relativamente indolore.
Il successo militare di Kiev dipende dalla fornitura di armi dell’occidente
E invece l’esercito russo, che non si era impegnato in una grande operazione di terra dalla disastrosa guerra in Afghanistan, quarant’anni fa, è sembrato una massa disorganizzata di dilettanti. Le linee di rifornimento, allungate fino al punto di rottura, hanno compromesso il piano di Mosca di invadere la capitale ucraina. Colonne di mezzi corazzati lunghe chilometri sono rimaste bloccate lungo la strada, a secco di carburante. Il morale dei soldati russi è crollato e hanno cominciato ad arrendersi senza motivo, e perfino a disertare. Gli ucraini invece si sono dimostrati combattenti agguerriti e determinati, che usavano abilmente le aree urbane per tendere imboscate ai carri armati russi. Durante il primo mese di guerra la Russia potrebbe aver perso fino a quindicimila soldati.
Sbagliando s’impara
Eppure i russi non solo hanno continuato a combattere nonostante le imbarazzanti sconfitte, ma si sono anche adattati a queste difficoltà. Ad aprile alcuni commentatori hanno suggerito che il ritiro dalle regioni di Kiev, Černihiv, Charkiv e Sumy evidenziava la debolezza strutturale dell’esercito di Mosca, ma quelle ritirate sono state solo l’inizio di una nuova fase della guerra, che si è dimostrata molto meno favorevole e molto più brutale per gli ucraini.
Dopo la lenta, sanguinosa e metodica conquista di Mariupol da parte dei russi, a maggio, l’inerzia del conflitto si è gradualmente spostata a favore della Russia. Anche se le forze russe continuano a subire pesanti perdite, tra cui più di 760 carri armati e 185 pezzi d’artiglieria, gli incessanti bombardamenti russi stanno consumando e demoralizzando le forze ucraine.
In che modo la Russia ha imparato dagli errori commessi nella fase iniziale della guerra? In primo luogo invece di attaccare l’intera Ucraina da diversi angoli, una scelta che aveva allungato le linee di rifornimento ed esposto le sue forze ad attacchi dalle retrovie, si è concentrata sull’est del paese, usando artiglieria, attacchi aerei e missili contro un numero ridotto di obiettivi. Inoltre, i russi hanno accettato di distruggere gran parte dei centri abitati pur di conquistarli o circondarli. L’agile guerriglia urbana che aveva favorito gli ucraini è meno efficace nel Donbass, dove il terreno relativamente pianeggiante favorisce i mezzi corazzati, l’aviazione e gli attacchi missilistici. Se si considerano questi armamenti e il numero di soldati, la Russia ha un ampio vantaggio.
A Severodonetsk la strategia di Mosca – che spesso consiste nel distruggere interi quartieri prima di far avanzare le truppe – ha messo i comandanti ucraini davanti a un dilemma: ritirarsi e proseguire la battaglia altrove o mantenere la posizione rischiando che i soldati migliori fossero uccisi o catturati? Alla fine Kiev ha deciso di ordinare la ritirata e la città è stata interamente occupata dai russi, che nelle prossime settimane potrebbero ottenere il controllo di tutta la regione di Luhansk.
Il presidente Volodymyr Zelenskyj e i suoi consiglieri sembrano convinti che se avrà abbastanza tempo, armi pesanti, aiuti economici e appoggio politico dai suoi alleati occidentali, l’esercito ucraino potrebbe invertire questa tendenza e cancellare le recenti conquiste russe. Anche se Kiev ribadisce che la diplomazia è l’unico modo per mettere fine alla guerra, Zelenskyj ha dichiarato che nessun negoziato con Mosca potrà cominciare prima del ritiro delle forze russe ai confini del 24 febbraio.
Considerando che la Russia controlla un quinto del territorio ucraino, è probabile che la posizione di Zelenskyj diventi insostenibile. Le forze russe di certo non abbandoneranno volontariamente i territori che hanno conquistato a un prezzo così alto solo per consentire l’avvio di un negoziato di pace, anche perché Putin ritiene che la tendenza sia a suo favore. In realtà sembra che il Cremlino si stia preparando a restare a lungo. In alcune aree occupate dai russi, come la regione di Cherson, si parla da tempo di un referendum sull’annessione alla Russia. Agli abitanti di Cherson e Melitopol si distribuiscono passaporti russi, non esattamente un segnale che Mosca stia pensando di ritirarsi.
Se le forze russe si trincereranno dietro pesanti fortificazioni e Putin dichiarerà la fine dell’“operazione militare speciale” nel tentativo di alimentare le divisioni tra gli alleati occidentali di Kiev, alle forze ucraine toccherebbe il compito ben più difficile di cacciare i russi da territori in cui sono ben radicati. Per riuscirci l’Ucraina avrebbe bisogno di grandi quantità di armi. L’esercito ucraino dovrebbe mettere insieme le forze necessarie a condurre un’offensiva su larga scala, in un momento in cui sta perdendo molti dei suoi soldati più esperti. Ogni giorno fino a duecento ucraini muoiono in combattimento, ovvero seimila al mese. Sono cifre che sarebbero difficili da sostenere per qualsiasi esercito, figuriamoci per uno impegnato in una sanguinosa guerra d’attrito contro un avversario che può contare su una maggiore potenza di fuoco.
L’Ucraina, inoltre, deve calcolare la possibilità che Putin risponda a una controffensiva con attacchi aerei e missilistici per moltiplicare il colossale danno economico già inflitto al paese, che ammonta a circa seicento miliardi di dollari.
Alleati instabili
Il successo militare dell’Ucraina è legato indissolubilmente all’ininterrotta fornitura di armi degli Stati Uniti e dei paesi europei. Ma più la guerra va avanti, più aumenteranno le possibilità che l’occidente perda la sua unità, soprattutto se i prezzi dell’energia, l’inflazione e il timore di una recessione spingeranno i politici a concentrarsi sul fronte interno.
Già oggi in occidente c’è un certo disaccordo su quali dovrebbero essere gli obiettivi in Ucraina. In contrasto con gli stati baltici, la Polonia e il Regno Unito, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz non si sono impegnati a garantire una sconfitta militare della Russia. Il presidente del consiglio italiano Mario Draghi ha proposto un piano di pace basato su un cessate il fuoco immediato.
Non è detto che le divisioni aumenteranno man mano che la guerra continua, i successi ucraini diventano meno frequenti e l’Europa e gli Stati Uniti devono affrontare difficoltà economiche sempre maggiori. Ma sarebbe stupido non rendersi conto che la guerra in Ucraina è entrata in una fase nuova e più difficile, non solo a causa degli sviluppi sul terreno ma anche delle tendenze economiche e politiche nei paesi che sostengono Kiev.
Spetterà solo a Zelenskyj e al suo governo decidere cos’è nell’interesse dell’Ucraina. Ma queste scelte saranno inevitabilmente influenzate dalle nuove circostanze, militari e non, che sono sempre più evidenti.◆as
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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati