**◆ **Forse – preso atto che non c’è un solo posto al mondo dove gli umani facciano ben sperare – bisogna tornare all’idea che i grandi valori sono fard distribuito sulla faccia delle nostre porcherie. Forse occorre smetterla di credere che sicuramente la parte in cui ci riconosciamo sia custode del giusto modo di stare al mondo. Forse dobbiamo tornare a pensare che siamo immersi tutti, da sempre, fino al collo, nel più angoscioso disordine, e che l’ordine di cui ci sentiamo di volta in volta, partiginamente, i detentori e propalatori è solo uno dei tanti miti che ci raccontiamo: narrazioni con coloriture religiose, che una volta erano orchestrati accanto al fuoco e oggi accanto ai media più incandescenti. Forse bisogna ricominciare a guardare in faccia quella che Machiavelli chiamava la verità effettuale delle cose e Leopardi, con altra ampiezza di vedute, il vero indocile e refrattario a ogni smania di progresso. Forse è necessario riaccogliere l’idea che la storia è solo storia di subordinazione di esseri umani ad altri esseri umani e di sfruttamento di esseri umani da parte di altri esseri umani. Forse – dico forse – occorre ritornare all’ipotesi che l’unico possibile nostro compitino è evitare vicoli ciechi e dare al mondo una bella sistemata secondo ragione, tenendo ben presente che né i vincenti né i perdenti sono angioletti e che nessuno vince o perde per sempre.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati