Lo spettacolo insopportabile della tragedia che colpisce gli ucraini ha provocato una forte ondata di solidarietà in Europa. Le manifestazioni, le raccolte di prodotti di prima necessità e l’accoglienza di centinaia di migliaia di profughi sono la prova del lodevole impegno della società civile europea. Ma se l’offensiva russa non si ferma, la priorità è permettere ai civili di lasciare le zone di guerra.
Il presidente russo Vladimir Putin non rispetta il diritto umanitario più di quanto rispetti il diritto internazionale nel suo insieme. I cessate il fuoco negoziati per consentire ai civili di fuggire dalla città portuale di Mariupol sono stati violati più volte. I bombardamenti sono ripresi mentre la gente cercava di andarsene, prendendo di mira i punti di raccolta e distruggendo gli autobus che dovevano essere usati per l’evacuazione. In seguito la Russia ha annunciato un altro cessate il fuoco per portare via i civili da Kiev, Charkiv, Mariupol e Sumy. I corridoi umanitari però conducevano solo verso la Russia e la Bielorussia: per gli ucraini quindi la scelta era tra rimanere sotto le bombe o rifugiarsi in territorio nemico.
La violenza sempre più cieca che si abbatte sull’Ucraina ricorda le atrocità commesse da Mosca nelle due guerre in Cecenia, che provocarono la distruzione totale delle capitale Groznyj, e durante l’assedio di Aleppo nel 2016, quando l’aviazione russa non ha esitato a bombardare gli ospedali. Per raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina, Putin mostra tutto il suo disprezzo per la vita umana, che si tratti di quella dei civili o di quella delle truppe russe. Ora che la resistenza ucraina ha vanificato le sue speranze di una guerra lampo, si è impegnato in una guerra totale, di cui i civili sono le prime vittime. Neanche le centrali nucleari sembrano al sicuro.
Alla distruzione, alle stragi, all’esodo (quasi due milioni di persone sono già scappate) rischia ora di aggiungersi un’enorme catastrofe umanitaria. ◆ ff