Editoriali

La vittoria di Biden sul clima

Con l’approvazione di un importante pacchetto di leggi sul clima, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ottenuto uno dei suoi successi più sorprendenti. Appena un mese fa il programma di Biden sembrava compromesso, dopo che il senatore democratico Joe Manchin si era rifiutato di appoggiarlo. Invece le misure sono state in gran parte resuscitate nell’Inflation reduction act (Ira), approvato dal congresso il 12 agosto. L’introduzione della prima importante legge sul clima negli Stati Uniti è l’ultima possibilità di raggiungere l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e azzerarle entro la metà del secolo. Dopo l’era di Donald Trump, Biden può rivendicare per gli Stati Uniti il ruolo di leader globale nell’agenda climatica. Ma la legge rivela anche i limiti del suo potere.

Il piano iniziale da 3.500 miliardi di dollari puntava a rafforzare l’istruzione, combattere la povertà, ridurre i costi dell’assistenza sanitaria e affrontare il cambiamento climatico. Prima dell’approvazione alla camera, nel 2021, il budget era stato dimezzato. Poi il pacchetto si è arenato al senato, che si è opposto alle misure sulla previdenza sociale e all’aumento delle tasse. Ciò che è rimasto sono 490 miliardi in investimenti per il clima e l’assistenza sanitaria.

Ma è comunque una buona notizia per i progressisti. Biden vuole un maggiore intervento dello stato nell’economia. L’Ira concede al governo federale la possibilità di negoziare una riduzione del prezzo dei farmaci. Per quanto riguarda il clima, prevede di finanziare la produzione di energia a zero emissioni attraverso crediti fiscali. Inoltre riconosce che gli Stati Uniti sono stati superati dalla Cina nel campo delle tecnologie verdi, e si concentra sui modi per stimolare questo settore. La lobby dei combustibili fossili ha ottenuto diverse concessioni, ma gli effetti negativi dovrebbero essere ampiamente superati da quelli positivi.

Questo successo dovrebbe rinvigorire i sostenitori di Biden in vista delle elezioni di metà mandato. Nonostante l’ostilità dei repubblicani, infatti, la lotta al cambiamento climatico gode di un ampio sostegno nel paese. Un sondaggio indica che per il 58 per cento degli elettori il governo sta facendo troppo poco. Per riuscire davvero a lasciare il segno, però, Biden dovrà cambiare la società. L’Ira dimostra che il presidente non ha ancora i voti per farlo. Inoltre il piano punta più sulla carota della spesa che sul bastone dell’aumento delle tasse per favorire la transizione energetica, ma prima o poi bisognerà limitare gli sprechi dei più ricchi attraverso una tassazione progressiva che possa creare risorse per la spesa sociale. L’emergenza climatica impone una ristrutturazione economica totale. La nuova legge sul clima di Biden è un buon inizio. Ma la strada è ancora lunga. ◆ as

Meloni scherza con la fiamma

Giorgia Meloni ha una strana idea di come calmare le preoccupazioni degli altri paesi. La leader dei postfascisti italiani, favorita alle elezioni del 25 settembre, da qualche tempo ripete che se andrà al potere l’Italia resterà fedele alla Nato, continuerà a sostenere l’Ucraina e non uscirà dall’euro. Le accuse di nostalgia per il fascismo? Tutte sciocchezze. La destra italiana si è liberata del fascismo da decenni, ha detto in un videomessaggio. Era la prima volta che parlava così.

Ma c’è da fidarsi? Fratelli d’Italia è un partito moderato solo a parole: tra le altre cose, vuole un blocco navale contro i migranti. La presa di distanza dal fascismo, arrivata giusto in tempo per le elezioni, sembra opportunistica. Poi ha presentato il suo simbolo e, guarda un po’, è lo stesso di prima: la fiamma tricolore sulla barra nera. Il fuoco rappresenta lo spirito di Benito Mussolini, la barra la tomba del duce. Almeno è così che l’immagine viene interpretata in Italia fin dal 1946. Pare che Meloni non abbia voluto alienarsi i nostalgici tra il suo elettorato. Ha anche detto di essere fiera di questo simbolo.

Nessuno sostiene che Meloni sia fascista. Ma gioca con l’eredità del fascismo, perché purtroppo ha un mercato. A ogni elezione cerca un discendente di Mussolini per sfruttarne il nome: l’ultima è stata Rachele, e prima di lei Caio Giulio Cesare. Non festeggia mai il 25 aprile, festa della liberazione dai nazifascisti, e ci tiene a farlo sapere. E quando dice di essere fiera del simbolo con la fiamma, anche le più belle parole di conciliazione svaniscono. ◆ gac

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1474 - 19 agosto 2022
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