Editoriali

Una speranza per lo Yemen

Dopo più di otto anni di guerra e centinaia di migliaia di vittime, soprattutto civili, la situazione nello Yemen è disperata. Più di due terzi della popolazione dipendono dagli aiuti umanitari. Eppure, dopo l’accordo per una tregua raggiunto ad aprile del 2022, il paese ha vissuto un anno di relativa calma. Recentemente c’è stato un grosso scambio di prigionieri, effetto della ripresa dei rapporti diplomatici tra Iran e Arabia Saudita. Riyadh ha guidato la coalizione che sostiene il governo del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi contro i ribelli huthi, appoggiati da Teheran. Presto ha capito che una vittoria rapida sarebbe stata impossibile e che il conflitto sarebbe costato miliardi di dollari. Ma anche i ribelli erano in difficoltà e avevano buoni motivi per sedersi al tavolo delle trattative.

Le Nazioni Unite sottolineano che questa è la migliore occasione per mettere fine al conflitto e che la situazione potrebbe precipitare di nuovo. Il ripristino dei rapporti tra Iran e Arabia Saudita, infatti, è ancora agli inizi. Se il dialogo andrà avanti il prossimo passo sarà una trattativa tra i ribelli e il Consiglio direttivo presidenziale (Plc), a cui Hadi ha ceduto il potere. Questa istituzione include rappresentanti di organizzazioni riconosciute a livello internazionale, ma anche capi di fazioni armate preoccupati di essere esclusi dalle trattative. Affidare il processo di pace alla mediazione dell’Onu aumenterebbe la fiducia tra le parti. Ma gli huthi si sentono in posizione di forza, mentre i loro avversari hanno obiettivi contraddittori, tra cui quello di creare uno stato separato nel sud dello Yemen. Trovare un accordo sarà molto difficile.

Quelli che hanno sofferto di più, ovvero i civili, non saranno presenti al tavolo della trattativa. Meritano di essere rappresentati. La responsabilità di questa tragedia non ricade solo sui combattenti. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno venduto miliardi di dollari di armi a Riyadh, e tutte le parti in lotta hanno commesso crimini di guerra. Ma finora nessuno ha pagato. La comunità internazionale dovrebbe chiedere l’avvio di indagini imparziali e trovare il denaro necessario per garantire gli aiuti e i servizi di base, a partire da un finanziamento urgente per evitare una catastrofica fuoriuscita di petrolio al largo delle coste yemenite.

Non può esserci pace senza un negoziato che includa tutte le parti coinvolte nel conflitto. Ma lo Yemen non potrà mai riprendersi se il suo futuro sarà deciso solo da quelli che hanno fatto di tutto per distruggerlo. ◆ as

L’età di Biden non è un problema

Donald Trump si è dimostrato il collante più efficace per il Partito democratico statunitense, e il suo ritorno in scena non potrà che alleviare le preoccupazioni per l’età di Joe Biden tra i sostenitori del presidente, che ha appena annunciato di volersi ricandidare. Biden è già il presidente più anziano della storia degli Stati Uniti. Al momento di entrare in carica per la seconda volta avrebbe 82 anni, e addirittura 86 al termine del mandato. Eppure i medici garantiscono che è in buona salute, mentre gli storici ricordano che probabilmente sarà più in forma di quanto non lo fossero Ronald Reagan, Franklin D. Roosevelt o Woodrow Wilson durante il loro secondo mandato.

Anche se le primarie possono sempre avere risultati imprevedibili, sembra quindi probabile che si ripeterà lo scontro del 2020 tra Biden e Trump. Nessuno dei due entusiasma gli elettori. Secondo un recente sondaggio il 73 per cento degli statunitensi (e il 53 tra i democratici) avrebbe preferito che Biden si facesse da parte, soprattutto per via della sua età.

L’annuncio della sua candidatura sarà sufficiente a eliminare gran parte dei suoi rivali democratici, perché molti possibili sfidanti hanno già dichiarato che non vogliono scontrarsi con il presidente. I successi ottenuti da Biden hanno smentito chi nel 2020 lo considerava vecchio e stanco. Ha convinto il congresso a stanziare miliardi di dollari per la ripresa dalla pandemia, la lotta contro la crisi climatica e la costruzione di nuove infrastrutture. La disoccupazione è calata ai livelli più bassi dal 1969, anche se l’inflazione più elevata degli ultimi quarant’anni ha ostacolato il rilancio dell’economia.

“Finiamo il lavoro. So che possiamo farcela”, ha dichiarato Biden. Non è detto che ci riuscirà, ma l’età non dovrebbe essere un problema insormontabile. ◆ as

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1509 - 28 aprile 2023
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