“Sembra che la strategia di Google sia di lasciare che Twitter e Facebook prendano la colpa, e finora mezzi d’informazione e politici hanno premiato questa tecnica”. Questa l’analisi di Alex Stamos, direttore dell’osservatorio internet di Stanford ed ex capo della sicurezza di Facebook al Washington Post. In effetti, nota il quotidiano, dalla censura dei taliban al blocco di Donald Trump, YouTube ha sempre seguito le altre piattaforme ed è stato meno criticato rispetto a Facebook e Twitter. Forse anche perché meno usato da giornalisti e analisti. Ora lo schema si ripropone con TikTok. La disinformazione dovrebbe essere bandita ovunque e non solo dai social più esposti. 
Gaia Berruto

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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati