Nel giorno del suo ottantacinquesimo compleanno Pippo Baudo, intervistato dalla Nazione, si è lasciato andare ad alcuni commenti al vetriolo sulla tv dei nostri tempi, prendendo di mira i suoi colleghi più prestigiosi: Paolo Bonolis e Carlo Conti. Interprete di una versione italiana del metodo Kominsky (la serie Netflix su un vecchio attore finalmente libero di dire quello che vuole), Pippo accusa i due conduttori di fare una tv ripetitiva e refrattaria a nuove idee. “Vedo sempre le stesse cose. È tremendo”. In parte l’appunto poggia su un dato oggettivo. Se un programma fa ascolti, le reti tendono a stressarlo oltremisura. Del resto, se un programma va bene, perché cambiarlo? Ma le parole di Baudo, che arrivano alla vigilia della presentazione dei nuovi palinsesti e dell’uscita dell’ad Fabrizio Salini dalla Rai, evocano un sentire più ampio e diffuso. Dopo questi mesi di pandemia e di visione “forzata” e massiva, la lentezza di rinnovamento della tv generalista si fa più evidente. Il commento di Pippo sembra accompagnarsi a quello di Alessandro Baricco, che sul Post scrive, a proposito della percezione del tempo trascorso e della riapertura a nuova vita, di come siamo precipitati in una crepa temporale che ci ha fatto vivere cinque anni in uno: “E adesso tutto quello che avete da offrire è questo? Davvero io sono sopravvissuto per tornare a sedermi su quei divanetti? Ma almeno rifoderateli, per la miseria!”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati