Alla fine il problema sembra fosse di un server in un data center in California. I tecnici di Facebook sono riusciti a entrare e hanno riavviato la macchina.
E subito dopo 3,5 miliardi di persone in tutto il mondo hanno potuto ricominciare a usare i servizi della società, che comprendono WhatsApp e Instagram, e che in America Latina e in paesi come l’India sono essenziali per molte attività economiche.
Ma non è sicuro che sia andata così, perché una delle caratteristiche di Facebook, come di altre grandi aziende tecnologiche, è la sostanziale segretezza che copre gli aspetti più delicati del loro funzionamento. Il che è paradossale per aziende che invece sanno tutto dei loro utenti.
L’incidente di lunedì 4 ottobre è arrivato al culmine di una serie di rivelazioni uscite sul Wall Street Journal e basate sulle testimonianze di Frances Haugen, un’ex dipendente di Facebook che ha fatto trapelare migliaia di documenti aziendali.
Dalle carte emerge per esempio che, per aumentare il coinvolgimento degli utenti, l’algoritmo di Facebook dà più spazio ai contenuti che alimentano la rabbia. O che i dirigenti della società sono consapevoli che Instagram contribuisce a peggiorare nelle ragazze i disturbi psicologici legati all’aspetto fisico. “Hanno capito che se cambiano l’algoritmo per renderlo più sicuro, la gente passerà meno tempo sul sito, cliccherà su meno annunci e loro faranno meno soldi”, ha detto Haugen.
Durante il blackout di lunedì, la deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez ha ricordato che WhatsApp non è stata creata da Facebook: era una società indipendente e di successo. Poi Facebook si è spaventata e l’ha comprata. E con lo stesso comportamento monopolistico, ha comprato Instagram, un’altra azienda che rischiava di fargli concorrenza.
Ma non è troppo tardi per intervenire. Edward Snowden ha scritto su Twitter: “Il fatto che Facebook, WhatsApp e Instagram vadano giù insieme nello stesso momento è un esempio molto chiaro del perché dividere in tre parti questo monopolio potrebbe non essere una cattiva idea”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati