Prima della globalizzazione della nostra epoca ci sono stati altri periodi in cui consistenti e importanti parti del mondo, ma non tutte, sono entrate in contatto tra loro. Uno di questi periodi è stato quello aperto dall’impero mongolo fondato da Gengis Khan (o Chinggis Qa’an) che a metà del tredicesimo secolo giunse a dominare circa metà dell’Eurasia, mettendo per la prima volta in relazione sistemi commerciali fino ad allora indipendenti: dal mar Rosso alla Cina, dall’oceano Indiano all’Europa. Alla morte del fondatore, l’impero fu diviso in quattro parti, tra cui, a nordest, il gran khanato che dominava la Cina (al quale appartenne il sovrano incontrato da Marco Polo) e a nordovest l’Orda d’oro, di cui parla questo libro. L’autrice è una storica francese che ha studiato tra Parigi, Oxford e Princeton, e ha riesaminato fonti note e inedite. Favereau sfata molti pregiudizi dovuti al fatto che la storia di questo potere nomade e cosmopolita è stata fatta soprattutto nel contesto di stati nazionali spesso intenzionati (come nel caso della Russia) a prendere le distanze da quel passato. Ridimensiona quindi la violenza, il parassitismo, l’attacco ai regni sedentari, la mancanza di una cultura scritta e fa emergere una comunità politica originale e un sistema economico – lo “scambio mongolo” – destinati a durare e poi a influenzare in profondità il mondo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1545 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati