Silvia Salis ha un sorriso irresistibile, i capelli tutti d’oro e una forza nelle braccia che è da sempre la sua arma segreta. In questo suo memoir, scritto per un pubblico adolescente, la ritroviamo bambina. Ha già il carattere tenace e caparbio che caratterizzerà l’atleta anche una volta diventata adulta. Racconta come se fosse una favola, ma dal sapore assolutamente postmoderno, il suo avvicinarsi al lancio del martello, una disciplina dell’atletica considerata troppo da maschi. Salis rifiuta da subito la categoria “sport da femmina”. E il martello, quello che poi diventerà un amico di tante avventure, fa la sua apparizione a Villa Gentile. Quest’impianto sportivo è descritto come il regno del possibile. Il luogo in cui si può scegliere cosa si vuole essere. Quasi come se fosse un antico regno del fantastico, popolato da elfi e gnomi. In realtà Villa Gentile è popolata di atleti. E lei da subito è attratta da un castello di corde intrecciate e dai suoi difensori, che scagliano lontano sfere d’acciaio brillante. Vuole anche lei lanciare quelle sfere, lanciarle al di là della luce. Ma qualcuno non è d’accordo. Questo sport è troppo poco da “femmina”, le viene detto. Silvia Salis naturalmente dimostrerà l’esatto contrario: che una donna può tutto, dentro e fuori il campo di atletica.

Igiaba Scego

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Questo articolo è uscito sul numero 1445 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati