Francesca Bonafini ha una scrittura avvolgente e descrittiva che non lascia indifferenti. Già dalle prime pagine di La strada ti chiama siamo immersi nell’atmosfera multietnica di un Canada che forse qualcuno ha sfiorato leggendo Margaret Atwood. Toronto è fredda ma è piena di calore umano. Entriamo gradualmente nella vita di quattro ragazzi: Leonardo, Dimitrios, Oliver e Yves. S’incontrano grazie alla passione per l’hockey, ma anche per via delle famiglie che vengono da altrove, immigrate in Canada per sfuggire alla fame e alle guerre, in cerca di un sogno da afferrare. E i ragazzi in un certo senso sono appendici dei sogni dei loro genitori. Hanno un desiderio quasi soffocante di mordere la vita. Ma come diceva John Lennon, la vita è quello che ti capita quando sei impegnato a fare altri progetti. E i piani cambiano in corsa anche per i protagonisti di questo libro. Un romanzo di formazione, ma anche un omaggio a Yves Abel e all’infanzia del grande direttore d’orchestra canadese. Infatti uno dei temi di La strada ti chiama è la musica classica che s’infila dappertutto – dolce, definitiva, assoluta – tra i dubbi e le incertezze del crescere. E poi, con l’amore, i ragazzi possono ambire a sogni più belli di quelli che avevano immaginato all’inizio del loro viaggio.
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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati