Nei paesi del nord l’estrema destra perde terreno. E vincono invece i partiti di sinistra. In Finlandia, l’Alleanza di sinistra è passata da uno a tre seggi al parlamento di Strasburgo, diventando la seconda forza del paese dopo il Partito di coalizione nazionale (Kok), al governo dal 2023 e cresciuto di un seggio rispetto al 2019. L’estrema destra dei Veri finlandesi, al contrario, ha perso due seggi. La vera artefice del successo dell’Alleanza di sinistra, che ha raccolto la cifra record del 17,3 per cento dei consensi, è la leader del partito, la finnosvedese Li Andersson. “Abbiamo parlato di diritti umani, stato di diritto, lavoro, ambiente. E ha funzionato”, ha detto Andersson, commentando i risultati del voto. L’esito delle elezioni ha invece profondamente deluso Riikka Purra, leader dei Veri finlandesi e ministra delle finanze nel governo di coalizione con il Kok. Purra è convinta che il successo della sinistra sia dovuto soprattutto alla personalità di Andersson: “È lei che ha convinto l’Alleanza di sinistra a sostenere l’ingresso nella Nato, trasformandola da vecchio partito della sinistra tradizionale in moderna forza progressista di opposizione”, afferma Purra.

Anche in Danimarca si è osservata una tendenza simile, con la vittoria del Partito popolare socialista (Sf). “Un successo di grande valore simbolico”, l’ha definito il politologo dell’università di Copenaghen Kasper Møller Hansen, secondo cui “gli elettori danesi hanno volute punire i socialdemocratici, accusati di essersi spostati troppo a destra nell’ultimo governo”. Sia il Partito popolare socialista sia l’Alleanza rosso-verde (Enhedenliste, che si è aggiudicata il 7 per cento e un seggio a Strasburgo), hanno puntato molto sui temi dell’ambiente. Tuttavia quest’anno il cambiamento climatico non è stato il tema principale della campagna elettorale, com’era invece successo nel 2019. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati