Nel centro storico di Palermo, un gruppo di donne nigeriane sta facendo gli ultimi preparativi prima di aprire, come ogni mese, il banco alimentare rivolto alle famiglie di migranti africani. L’iniziativa è organizzata da Osas Egbon, 40 anni, e l’obiettivo è aiutare chi non ha nulla da mangiare a causa della pandemia.
Il progetto fa parte dell’attività del gruppo Donne di Benin City, fondato da Egbon nel 2015 insieme ad altre donne vittime del traffico di esseri umani. Molte di loro provengono dallo stato di Edo, in Nigeria, la cui capitale è Benin City, e sono state costrette e prostituirsi per estinguere il debito con i trafficanti.
Atmosfera allegra
Un’organizzazione benefica ha concesso al banco alimentare l’uso gratuito di due piccole stanze nel centro di Palermo. All’esterno un gruppo di donne, soprattutto nigeriane, attende in fila l’apertura della distribuzione di prodotti alimentari. C’è un’atmosfera allegra e di trepidazione. Alcune hanno portato con sé carrelli, sacchetti e passeggini da riempire di provviste. Nell’attesa, c’è chi gioca con lo smartphone, e chi chiacchiera in un misto di italiano, inglese e lingua edo. Una bambina di quattro anni entra e si rivolge a Egbon chiamandola mamma, mentre la vera madre aspetta fuori. “Sono la mamma di tutti”, dice Egbon, che vive in Sicilia da diciannove anni. Le donne entrano una alla volta. All’interno Egbon dirige le operazioni insieme a un gruppo di volontari, tra cui alcuni italiani.
Stanno finendo di riempire i pacchi. Egbon spiega che ogni mese riescono ad aiutare fino a quaranta famiglie. Nei pacchi ci sono cose essenziali come olio, pasta, riso e scatolette di carne e pomodoro. In una stanza ci sono cibi tipici italiani come il parmigiano e il prosciutto, ma Egbon spiega che sono poco popolari perché tra i migranti non c’è familiarità con questi alimenti. Non è permesso fare richieste, ma si possono fare scambi se c’è qualcosa che non si usa. Una donna nigeriana non sa cosa farsene del risotto che le hanno consegnato. Un volontario italiano le dà alcuni suggerimenti culinari. Tra le persone che ricevono i pacchi c’è una giovane madre che è stata portata dalla Nigeria in Italia per fare la prostituta. È riuscita a sdebitarsi con i trafficanti (a volte ci vogliono 35mila euro) poco dopo essere arrivata e aver incontrato il suo attuale compagno. Come molti migranti africani che vivono a Palermo, anche lui fa lavori occasionali e spesso non riesce a guadagnare abbastanza per arrivare alla fine del mese. Per questo i due faticano a nutrire adeguatamente la loro bambina, così sono stati costretti a rivolgersi al banco alimentare. Egbon, che gestisce anche una casa rifugio fuori città per le donne che cercano di sfuggire ai trafficanti, racconta di aver cominciato a distribuire scorte alimentari nel 2019. La pandemia ha provocato un forte aumento delle richieste, perché in molti hanno perso il lavoro. In più, diversi immigrati non hanno i documenti e non possono accedere ai programmi di assistenza sociale. Due anni fa circa il 33 per cento dei 187mila stranieri residenti in Sicilia proveniva dall’Africa. Ma a Palermo, città con una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, gli immigrati irregolari sono molte migliaia in più rispetto a quelli censiti.
◆Dal 1 gennaio al 31 ottobre 2021 in Italia sono arrivati complessivamente 53.439 migranti, con 1.473 sbarchi. La Sicilia è la regione con il numero più alto di arrivi: 1.192 sbarchi, cioè il 77 per cento degli sbarchi in Italia, per un totale di 41.681 migranti, provenienti dalla Libia e dalla Tunisia. Quasi 6.500 sono minori non accompagnati. I dati disaggregati del ministero dell’interno (che non li ha resi pubblici) sono stati pubblicati da Radio Radicale. La Stampa
Il banco alimentare è gestito su base volontaria. Egbon usa i suoi contatti con le chiese e l’aiuto dei negozianti per raccogliere tutto ciò che può. La sua organizzazione riceve un sostegno anche da Banco alimentare, una importante associazione italiana che la aiuta a procurarsi alcuni prodotti. Alla fine della mattinata arriva un regalo: un passeggino. Egbon ha già in mente una famiglia a cui potrebbe servire. Appena le ultime donne si allontanano i volontari cominciano subito a rimettere in ordine. Egbon intanto pensa già a come procurarsi i prodotti per il mese prossimo. La ricerca di provviste ricomincia. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1437 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati