Nel 2022 i repubblicani dell’Ohio hanno consolidato la loro maggioranza nel parlamento statale con un grande risultato alle elezioni di metà mandato, ma subito dopo si sono divisi su chi doveva essere il presidente della camera. La spaccatura tra i conservatori più giovani e impazienti e quelli più tradizionalisti si è ricomposta solo quando i deputati democratici sono intervenuti per sbloccare la situazione.
Da allora i repubblicani sono stati paralizzati dalle lotte intestine, al punto che nel 2023 sono riusciti a far passare solo dieci leggi anche se controllano saldamente tutti i rami del governo locale.
Dall’Ohio all’Arizona fino al congresso di Washington, le lotte di potere e gli scontri alle primarie sono diventati un tratto distintivo del Partito repubblicano, come i tagli alle tasse e la retorica contro la criminalità. In Michigan il presidente di una sezione ha detto a un agente di polizia di essere stato “preso a calci nelle parti basse” da un collega di partito durante una riunione. Nel 2022 in Arizona i democratici hanno conquistato tutti gli incarichi per cui si votava – tra cui quelli di governatore e rappresentante al senato federale – dopo che i repubblicani più estremisti avevano ottenuto la candidatura a spese dei più moderati. In Texas il procuratore generale repubblicano ha superato indenne una procedura di destituzione avviata dal suo partito, e ora minaccia di aprire procedimenti penali contro alcuni suoi colleghi.
Il culmine della tensione è stato raggiunto al parlamento federale all’inizio di ottobre, quando un piccolo gruppo di repubblicani si è alleato con i democratici per destituire il presidente della camera (speaker), il conservatore Kevin McCarthy, lasciando il ruolo scoperto proprio mentre in Medio Oriente scoppiava una nuova guerra. Lo scontro interno sul nome del prossimo presidente della camera – ruolo che costituzionalmente è il secondo nella linea di successione della presidenza degli Stati Uniti – evidenzia il caos perpetuo tra i conservatori. McCarthy è stato il quinto repubblicano a diventare speaker della camera nei 19 anni dal 1995 in cui i repubblicani l’hanno controllata, e il primo della storia a essere destituito con un voto. I democratici, invece, hanno avuto una sola presidente durante gli otto anni in cui hanno controllato la camera nello stesso periodo, Nancy Pelosi.
La forza del risentimento
Questa dinamica tra i repubblicani è cominciata negli anni novanta, quando l’ex deputato Newt Gingrich diventò speaker dopo aver preso di mira alcuni esponenti del suo partito, accusandoli di non essere abbastanza conservatori. “Dopo l’ascesa del Tea party, a destra del partito c’è stata una spinta costante per modificare le dinamiche di Washington”, spiega Jenny Beth Martin, direttrice del Tea party patriots action, un’organizzazione che è si ripetutamente scontrata con i vertici del partito. “Se vuoi ottenere un cambiamento rilevante, prima di affrontare lo schieramento opposto devi contrastare le persone che fanno parte del tuo stesso partito ma sostengono lo status quo”.
◆ All’inizio di ottobre il presidente della camera degli Stati Uniti, il repubblicano Kevin McCarthy, è stato rimosso dall’incarico su iniziativa di un gruppo di deputati di estrema destra vicino all’ex presidente Donald Trump. Le divisioni all’interno del Partito repubblicano hanno reso molto difficile trovare un accordo per eleggere un nuovo presidente. Cnn
Molti leaeder repubblicani danno la colpa della conflittualità anche ai mezzi d’informazione di destra, che favoriscono la polarizzazione e le prese di posizione aggressive. Ma alla fine dei conti il conflitto nasce dagli elettori: i sondaggi mostrano che chi vota per i repubblicani è molto meno incline al compromesso rispetto a chi vota per il Partito democratico, e questo alimenta inevitabilmente i contrasti. “L’elettorato repubblicano è convinto di essere sotto assedio. I cristiani vedono un paese sempre meno bianco e cristiano, mentre i rappresentanti della classe operaia vedono un paese dove i laureati hanno tutti i vantaggi”, dice Jack Pitney, politologo del Claremont McKenna college della California. Di contro, l’elettorato democratico (gli immigrati e i loro figli, i neri, i giovani laureati) vedono un futuro con migliori prospettive. “È la coalizione dell’ascesa sociale contro quella del risentimento”, spiega Pitney.
La collisione tra queste due realtà è emersa a livello nazionale nelle elezioni di metà mandato del 2022, quando diversi candidati repubblicani estremisti, spesso sostenuti da Donald Trump, hanno sconfitto i candidati più moderati alle primarie in stati decisivi, ma sono stati poi sbaragliati dagli avversari democratici.
In alcuni stati la disfunzionalità dei repubblicani potrebbe essere paradossalmente il prodotto del loro dominio politico. “È facile trovare accordi e compromessi quando tutti sono indispensabili per battere i democratici”, spiega Ryan Stubenrauch, stratega repubblicano dell’Ohio. “Invece quando non c’è nessun democratico che rappresenti una minaccia non c’è bisogno di trovare un’intesa, quindi cominciano le liti interne”.
“È una guerra civile in corso ormai dal 2015”, spiega David B. Cohen, professore di scienze politiche presso il Bliss institute dell’università di Akron, in Ohio. “Tutto è cominciato quando Donald Trump è entrato in scena e ha ottenuto la nomination alle presidenziali. C’è stata una trasformazione che ha attraversato il paese, e tra le vittime ci sono stati molti repubblicani della vecchia guardia”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1534 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati