Per molte persone dare la mancia è un gesto quotidiano. In un bar lasciamo un paio di monete, al ristorante aggiungiamo una banconota al conto. La mancia è un modo per dire “grazie”, per esprimere il nostro apprezzamento a chi ha svolto un buon servizio. Solo pochi di noi, però, sanno che fine fanno quei soldi. Ovviamente speriamo che i camerieri possano tenerli per sé. E poi? Non risultano nello scontrino. Si potrebbe anche dire che non esistono. Non ci si pagano né tasse né contributi. Così, nella maggior parte dei casi, la mancia è una forma di evasione fiscale. Finora questo non ha mai dato fastidio a nessuno: i dipendenti guadagnano qualcosa in più, i datori di lavoro spendono qualcosa in meno, e le autorità non fanno domande. Ma un sistema così può funzionare solo finché la maggior parte delle mance è in contanti. Le banconote e le monete, però, stanno sparendo. Oggi i pagamenti elettronici, cioè quelli fatti con una carta o con un’app, rappresentano tre quarti delle transazioni. E anche la mancia si lascia sempre più spesso usando strumenti digitali. Solo che così restano tracce nella contabilità delle aziende.

Questo sta diventando un problema nella ristorazione, il settore in cui le mance sono più frequenti, perché i soldi che appaiono nei registri contabili devono essere dichiarati. Ma cos’è una mancia? È uno stipendio? Dev’essere tassata? Chi deve farsene carico?

Ne sa qualcosa Manuel Wiesner, che gestisce insieme al fratello la Familie Wiesner Gastronomie (Fwg), una delle venti aziende gastronomiche più grandi di tutta la Svizzera. La Fwg possiede 31 ristoranti in diverse città e dà lavoro a circa mille persone.

Fino a pochi mesi fa Wiesner non aveva idea di quante mance prendessero i dipendenti. Facevano i calcoli da soli, se le dividevano e tornavano a casa con un po’ di soldi in tasca alla fine di ogni turno. “È la norma nel nostro campo”, dice. Poi nel 2023 la Fwg ha deciso di accettare solo transazioni elettroniche nei suoi ristoranti. La scelta ha avuto degli effetti sulle mance: i dipendenti non potevano più prendere da soli i soldi dalle casse, ma dovevano aspettare che la Fwg glieli accreditasse insieme allo stipendio. “A quel punto abbiamo cominciato a farci dei problemi con il fisco”, spiega Wiesner.

In teoria in Svizzera le mance non dovrebbero neanche esistere. Nel 1974 furono abolite con il contratto collettivo per il settore alberghiero e della ristorazione, che da allora le include nei salari dei dipendenti. Ma certe abitudini non si eliminano per decreto e ancora oggi è comune arrotondare una somma per eccesso di cinque o dieci franchi.

Il 95 per cento dei clienti al ristorante lascia una “mancia generosa”

Il 95 per cento dei clienti di bar e ristoranti svizzeri lascia una mancia generosa, in media aggiungendo il sei per cento dell’importo del conto. Se consideriamo che nel 2019 il settore della ristorazione ha generato un fatturato di 19 miliardi di franchi (19,4 miliardi di euro), risulta che ogni anno le mance valgono più di un miliardo di franchi.

Una buona metà delle mance è lasciata in contanti e quindi è difficile stabilirne l’ammontare. Questo è anche l’argomento usato dai ristoratori quando gli si chiede come mai le mance non risultano nella contabilità. Da un punto di vista legale, tuttavia, la situazione è chiara: il diritto tributario svizzero dice che le mance sono delle entrate e vanno incluse nella dichiarazione dei redditi se “costituiscono una parte sostanziale della retribuzione”. Si legge così in un foglio illustrativo dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, a cui si rifanno anche le autorità fiscali. Cosa s’intenda per “parte sostanziale” non è specificato, ma per i ristoratori e gli esperti di diritto del lavoro dev’essere almeno il 10 per cento dello stipendio. Ipotizziamo che un cameriere guadagni cinquantamila franchi all’anno: se in aggiunta prende meno di cinquemila franchi di mance, non deve dichiararle. Se invece ne guadagna di più, l’intera somma diventa imponibile e soggetta a tassazione.

Thomas Geiser, professore emerito di diritto del lavoro all’università di San Gallo, spiega che “finora alle autorità fiscali non arrivava nessuna ricevuta, dato che le mance non entravano nella contabilità. Ma sono dell’idea che ora con i pagamenti elettronici le cose cambieranno alla svelta”. Secondo Geiser, il limite sostanziale del 10 per cento è “complicato e senza senso”. L’esperto ritiene che le mance dovrebbero essere tassate fin dal primo franco: come gli altri guadagni, hanno valore di scambio, sono un compenso per il lavoro svolto. “La loro esistenza e il loro ammontare non possono semplicemente essere nascosti”, dice Geiser.

L’ufficio delle imposte di Zurigo scrive: “La legge considera le mance un reddito imponibile. La mancata dichiarazione sarebbe considerata a tutti gli effetti evasione fiscale”. Allo stesso tempo afferma che la questione della tassazione delle mance digitali “non è affrontata in modo specifico”.

Contatto diretto

Nei locali di Wiesner, da quest’anno le mance sono dichiarate nelle buste paga dei dipendenti se superano il 10 per cento del salario. Secondo il ristoratore succede per la maggior parte dei dipendenti della Fwg che sono a contatto diretto con i clienti. Quando alcuni mesi fa l’imprenditore ha informato il personale del nuovo sistema, all’inizio ha incontrato molto scetticismo, dettato dalla paura di guadagnare di meno. All’inizio è così: lo stipendio reale diminuisce e i dipendenti alla fine del mese si ritrovano in tasca meno soldi di prima. Ma Wiesner sottolinea i vantaggi. “Il salario complessivo aumenta, quindi anche i contributi”. I dipendenti avranno una pensione più alta, sono più garantiti in caso di disoccupazione, malattia e incidenti e hanno generalmente una maggiore capacità di credito. Questo semplifica molte cose, per esempio trovare un appartamento.

Ora gli altri ristoratori sono in una posizione scomoda: se la Fwg dichiara le mance dei dipendenti, per quale motivo gli altri non dovrebbero farlo? “Se possibile, preferiremmo tenerci fuori”, dice Michel Péclard, che gestisce sedici ristoranti nella regione di Zurigo. La mancia è un rapporto tra cameriere e cliente. Il datore di lavoro non dovrebbe interferire, anche perché le mance non contribuiscono al fatturato. Il socio di Péclard, Florian Weber, è preoccupato per le complicazioni amministrative. Soprattutto le piccole imprese potrebbero non essere in grado di gestire la cosa e vietare ai dipendenti di accettare mance digitali, dice Weber. “Questo renderebbe il lavoro ancora meno attraente e sarebbe più difficile trovare personale”.

Non ha tutti i torti: le mance non dichiarate sono un incentivo a lavorare nel settore dell’ospitalità. Compensano gli orari di lavoro irregolari, lo stipendio base piuttosto basso, la fatica fisica e talvolta il comportamento sgarbato dei clienti. Cosa succederebbe se quest’incentivo sparisse? “Tutto il settore ha paura”, dice Weber.

Anche l’associazione Gastrosuisse ha alcune riserve. Il presidente Casimir Plat­zer crede che nella maggior parte dei casi le mance non superino il 10 per cento del salario e quindi che non vadano dichiarate. Quando sono dichiarate, le imprese devono affrontare costi aggiuntivi in forma di ritenute salariali, mentre i dipendenti guadagnano di meno. “Integrare le mance negli stipendi porta solo svantaggi”, afferma Platzer.

E poi c’è l’aspetto culturale. Negli Stati Uniti lasciare il 20 per cento di mancia è lo standard, perché lì lo stipendio dei camerieri parte spesso da un salario minimo molto basso e molti lavoratori del settore dipendono proprio dalle mance. In Giappone, al contrario, le mance non sono richieste e in alcuni casi sono perfino sgradite: capita che il personale corra dietro al cliente per restituirgli i soldi. In Svizzera, dare la mancia è un gesto volontario, è un omaggio del cliente per premiare un lavoro svolto bene. Platzer aggiunge: “Anche per questo la mancia non fa parte del salario, perché di solito non viene dal datore di lavoro”.

Tuttavia, le mance digitali diventeranno sempre più comuni. E la questione di come gestirle sul piano amministrativo e fiscale resta. Non solo chi lavora nella ristorazione, ma anche altri professionisti come parrucchieri o tassisti riceveranno sempre più spesso mance elettroniche. “Serve un cambio di mentalità”, dice Wiesner. Ora sa che un suo addetto al servizio può guadagnare fino a 1.500 franchi al mese di mancia, oltre a uno stipendio mensile di quattromila franchi. “Non c’è da discutere se sia parte della paga o meno”.◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1563 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati