Manette ai polsi, caviglie legate e accanto poliziotti armati fino ai denti. Le immagini del processo in Ungheria di una militante antifascista italiana stanno provocando molta emozione in Italia: la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha telefonato a Viktor Orbán, il premier nazionalista ungherese, per chiedere spiegazioni sul trattamento subìto da Ilaria Salis, un’insegnante di 39 anni sotto processo a Budapest per “appartenenza a un’organizzazione criminale” e per “lesioni volontarie”.
Il 29 gennaio le immagini di Salis portata in tribunale come una pericolosa terrorista hanno causato reazioni di sconcerto. Nei giorni precedenti la sua famiglia e una compagna di cella, anche lei italiana, avevano denunciato sui mezzi d’informazione italiani un trattamento carcerario “incompatibile con uno stato democratico”: nessun contatto telefonico con i familiari e topi e cimici nella cella. L’Ungheria è già stata condannata varie volte dalla Corte europea dei diritti umani per questo genere di trattamenti, purtroppo comuni per i detenuti ungheresi.
I magistrati ungheresi accusano Salis di far parte di un gruppo antifascista nato in Germania, la Hammerbande (Banda del martello), chiamata così perché attacca i neonazisti cercando di ferirli, spesso usando dei martelli. Salis e gli altri sono sotto inchiesta in Ungheria e sono accusati di aver aggredito nove persone a Budapest, nel febbraio 2023, durante la giornata dell’onore (una manifestazione per celebrare le truppe tedesche e i collaborazionisti filonazisti ungheresi che cercarono di spezzare l’assedio dell’Armata rossa a Budapest durante la seconda guerra mondiale). Ogni anno a queste celebrazioni partecipano gli ambienti neonazisti di tutta Europa.
Il 29 gennaio 2024 il pubblico ministero ungherese ha chiesto undici anni di carcere per Salis, accusata di essere a capo del gruppo. Uno dei due cittadini tedeschi giudicati insieme a lei ha ammesso la propria colpevolezza ed è stato condannato con giudizio immediato a tre anni di carcere. Sarà consegnato alle autorità tedesche, che lo cercano dal maggio scorso, quando a Dresda hanno condannato a cinque anni e tre mesi di carcere la presunta ispiratrice di questo gruppo, una cittadina tedesca nota con il nome di Lina E., considerata una martire negli ambienti antifascisti europei.
Salis ha sempre detto di essere innocente: “Non ho commesso questi reati e non accetto la pena chiesta dall’accusa”, ha detto durante un’udienza del processo. La prossima è prevista a maggio. Il padre della donna ha chiesto a lungo a Meloni d’intervenire e ha confermato che la figlia era a Budapest per manifestare contro i neonazisti, ma ha affermato che le analisi del dna fatte sul manganello che aveva la figlia dimostrano che “non è mai stato usato sulle vittime del pestaggio”.
L’emozione provocata dalle immagini dell’udienza ha portato il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani a convocare l’ambasciatore ungherese. “Penso che questa volta si sia andati troppo oltre”, ha detto il ministro.
Giorgia Meloni ha parlato con Orbán, alla vigilia del vertice europeo di Bruxelles del 1 febbraio, sia del caso sia delle divergenze sulla guerra in Ucraina. Il governo nazionalista ungherese si è in un primo tempo mostrato sorpreso poi ha reagito, come suo solito, in modo aggressivo denunciando “gli attacchi dei mezzi d’informazione e delle organizzazioni di sinistra per la difesa dei diritti umani”, che vorrebbero “distruggere le buone relazioni politiche tra l’Ungheria e l’Italia”.
Nel frattempo alcuni influencer finanziati dal governo ungherese hanno preso di mira Meloni, accusandola di “tradimento”; di voler “proteggere una terrorista di estrema sinistra”; di essere un’ingrata nei confronti di Orbán “che ha praticamente lanciato la sua carriera politica”. Inoltre il portavoce del governo ungherese ha accusato Salis di dire il falso e ha giustificato il trattamento ricevuto dalla detenuta spiegando che i “reati di cui è accusata sono gravi”. L’amministrazione carceraria si è difesa affermando che “una prigione è una prigione e non offre i servizi di un albergo di lusso. Il cibo è lontano da quello stellato delle guide Michelin, ma corrisponde alle esigenze di una sana alimentazione”.
Le reazioni suscitate in Italia dalla vicenda hanno sorpreso gran parte degli ungheresi, che non sono affatto scandalizzati dalle condizioni dei detenuti nelle carceri del loro paese. “Noi avvocati ungheresi ci siamo abituati”, spiega György Magyar, uno dei legali di Ilaria Salis. “Capisco lo sconcerto degli stranieri, visto che questi trattamenti non sono conformi agli standard europei”, denuncia l’avvocato, che critica la magistratura ungherese soprattutto per il rifiuto di tradurre in italiano gli atti del processo. Il 29 gennaio la difesa ha chiesto anche che a Salis fossero tolte le manette durante l’udienza ma il giudice, come spesso avviene in Ungheria, ha rifiutato.
La vicenda avrà forse il merito di migliorare le condizioni dei detenuti ungheresi. In ogni caso il padre di Salis, citato dal Corriere della Sera, ha osservato che la “battaglia mediatica” ha portato a un “leggero miglioramento della situazione” per la figlia “e per le sue compagne di cella. Gli ungheresi hanno cominciato a fare le pulizie”, ha assicurato. ◆ adr
◆I giornali conservatori hanno usato toni molto duri nei confronti di Ilaria Salis. Fra questi, il quotidiano Magyar Hírlap ha riportato le dichiarazioni due parlamentari europei di Fidesz, il partito di destra che è al governo del paese dal 2010: Tamás Deutsch ha definito Salis “una delinquente straniera, una neocomunista venuta in Ungheria con altre 19 persone solo per attaccare vigliaccamente persone considerate neofasciste sulla base del loro aspetto e del loro abbigliamento”. Mentre secondo Enikő Győri “l’ordine del giorno della sessione plenaria del parlamento europeo (che ha discusso del caso Salis), deciso dalla sinistra, è un tentativo di influenzare la magistratura ungherese senza dare ai rappresentanti magiari la possibilità di parlare”. Il quotidiano ultraconservatore Magyar Nemzet, definisce Salis “un’attivista di estrema sinistra che gira l’Europa per picchiare innocenti passanti”. I mezzi d’informazione ungheresi sono in gran parte controllati da Fidesz. Negli ultimi anni molti giornali d’opposizione sono stati costretti a chiudere o sono stati acquisiti da imprenditori o da gruppi editoriali vicini al premier Viktor Orbán.
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Questo articolo è uscito sul numero 1549 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati